POST HIT: 2011

lunedì 5 dicembre 2011

Il problema non sono
Le lacrime & il sangue
E' che modestamente
Li vorrei spendere meglio, grazie.

sabato 26 novembre 2011

Packing, Cork

Sono stato zitto tutta la sera
In quel dark low-ceiled pub
L'ultima sera a Cork
Ma del resto nel mio francese scolastico
& inglese accademico
Non sapevo proprio come dirtelo
Che sei stata la cosa più bella di questa
Doctoral Week Whatever
Che se ti guardavo
Mi veniva d'istinto di sorridere
& che spesso a me basta questo
Per resistere ai miei incubi.

(Fin dall'inizio, il mio memento:

Al momento dell'addio,
Sciogliersi come un gomitolo).

...

Discorsi elevatissimi
Su Derrida & Kant & l'Otherness della Somethingness
Tenuti, come dicono qui,
over a coffee
or a beer
& che comunque sono sicuro mi mancheranno
Una volta tornato indietro
Alla posa della prosa del mondo.

...

Le cerimonie degli addii
- Ne ho viste abbastanza
Per sapere cosa succede
& avanzare previsioni verosimili
Su abbracci sotto la pioggia
Quando arriva il suo taxi
& non sarei sorpreso di trovare un mail
Già poche ore dopo
Che dice che è stato bello
Etc. etc. etc.

...

Eppure non riesco a smettere di pensare ad A.
Mentre cerco di infilare tutto in valigia
Alla fine di una Doctoral Week
Ma impacchettare i ricordi è molto più difficile
Sbucano fuori da tutte le parti
& certo d'ora in avanti
Quando vedrò un caschetto nero & dei calzini a pois
Penserò sempre a lei
Con il suo inglese da madama
& che fa le vacanze al Lido di Venezia
Come le dive degli anni Trenta
& chissà se ti rincontrerò mai più
& che persone saremo allora
& soprattutto che valore avrà mai tutto questo
Fra un anno o una settimana
Ritornato alla mia routine
Di dottorando-movimentista
Quando ci saremo definitivamente
Persi l'un l'altra di vista.

...

(E tutte le volte che nella mia vita
Ho salutato persone più o meno importanti
Dicendo "ti scrivo quando arrivo", "let's stay in touch"
or whatever
& poi semplicemente non l'ho fatto
Magari ho aspettato che si facessero vivi loro per primi
O non ho avuto tempo
& credo che per ognuno sia così
Troppi fardelli sono impossibili da portare
(& noi stessi molto spesso
Siamo già da soli
Un groppo così ingombrante
Da trascinare in giro)).

...

Comunque, in ogni caso,
Poter dire di aver assistito a un piccolo miracolo
Quando sabato pomeriggio
Tutti e due con una Murphy's in mano
Io e A.
Due perfetti sconosciuti
Prima e dopo quei giorni
Mentre una cover band suonava
Tipica musica da pub
Nel posto, penso, più turistico di Temple Bar
Abbiamo visto il sole risorgere da dietro le nubi
& illuminare i tavoli polverosi
Lasciando nell'aria inevitabili sorrisi
& pensieri mai conclusi.

domenica 19 giugno 2011

I pirati,
la notte,
svegli.
Non capita niente.
Vogliono tutto.
Sbavagliata;
la donna grida:
orizzonte.

domenica 12 giugno 2011

in questo mausoleo del dolore.

E siamo andati a vivere lontano
dal centro, in palazzi nuovi e rosa
e non c'è chiasso o sfrecciare d'auto
che turbi il nostro sonno che s'affaccia

in questo bel giardino di more.

Ma questa casa scoppia di ricordi,
abbiamo chiuso il gas ma di silenzi
è satura. Entra poca luce a est
a diradare cocci accatastati

in questo "mausoleo del dolore".



mercoledì 18 maggio 2011

LOST

Eccola che arriva in parata
La mia ciurma dei pirati
Bende su entrambi gli occhi
Tutti col riporto o rapati
Portano appollaiati sulle spalle
Topi o pappagalli
E a fare da cornice alle occhiaie
Precoci rughe di espressione
Dicono di avere avuto tutte le malattie
Che si possono contrarre
Scambiandosi sangue & saliva
In bettole non segnate sulle mappe
& spiaggiati sul selciato
In piazze di città dell’entroterra
Raccontano storie di guarigioni miracolose
Da pazzie che comunque
Non spiazzano più nessuno

Ma se si sollevano la maglietta
Hanno davvero ferite che arrivano fino al cuore
(Come tatuaggi che non saranno mai di moda
Perché fatti con troppo pudore).

sabato 14 maggio 2011

Alla fine...

Alla fine tutto si risolve nella nostra irresolutezza.
O meglio, vi si complica.
Sappiamo perfettamente ciò che vogliamo e ci rifiutiamo di ottenerlo.
Ci illudiamo: di volere altro, o altro ancora, che il destino, o l'inconscio,che le forze oscure...
ma dovremmo, dobbiamo, in fin dei conti siamo sempre noi.
Perché allora condannarci?
Perché infilarci il cappio al collo e dare allo sgabello l'ultimo calcio?
Perché non pesare i pensieri, e i fatti, i gesti, i rapporti
e poi, sinceramente, senza paura di ferire o ferirsi, agire?
La nostra debolezza è dunque solo debolezza e per nulla duttilità?
Siamo il ramo morto che si spezza, non quello verde che oppone una strenua resistenza
e si piega si piega, si rovescia su se stesso, cedendo tutto e rimanendosi fedele sempre
non quello?
Il ramo morto, chissà da quanto tempo.
E aspettiamo allora, l'accetta che ci liberi dal cieco tormento che è vivere da morti
che è fissare senza vedere, che è il pensiero senza sangue, senza carne
sereni attendiamo quel colpo senza sbavature, secco e deciso
che recida il ramo dal fusto, e poi la mano che ci poggi insieme ad altri e appicchi fuoco a tutto.

mercoledì 11 maggio 2011

ECOSISTEMA

Il secchio è pieno di bava:
sputacchiera colma al tavolo
dell'architetto supremo,
masticatore di tabacco.
L'acqua si cambia solo per
inerzia, sputandoci dentro
ancora & ancora o per via
delle leggi della fisica:
un corpo immerso in un fluido
riceve una spinta dal basso
verso l'alto pari al peso del
volume di liquido spostato
(nessuno ascende mai).
Il sistema inerziale della
stanchezza: la bacinella
trasborda sbrodolando
fuori liquido lattiginoso
impestato di effluvi acri;
a piccole cascatelle giù per
le pareti, il frutto del tuo seno,
gli stronzi stanno a galla, nonostante
il puzzo nauseabondo e le malattie
fanno a gara per sguazzare sopra gli altri.
Il masticatore ride. E' sordo.
Ci caga dentro al secchio, con un ghigno
di piacere ( quel piacere sempre uguale
che ogni essere prova nell'espellere i propri scarti),
poi si gira a guardare soddisfatto, e
scaracchia un'altro sputo catarroso.
Chi sta dentro alla boccia, cerca di farcela,
è contento, o sogna la felicità; la insegue e
fa programmi; dà importanza ad una sfilza di cose
& ride & ingoia bava e merda & se va male
si ripete: "si fa con quel che si ha", " andrà meglio
alla prossima", "più brucia più fa bene".
I più aspettano zitti un miracolo.
Il secchio sempre si riempie mai si svuota,
la merda galleggia, i sassi vanno a fondo
a fare compagnia agli spazzini appiattiti sul fondale;
spazzini d'ogni genere. Iene acquatiche
succhiacarogne leccapavimenti.
I restanti, (il gruppo più folto a dire il vero),
stanno a mezzo, nella calca muniti o meno
di boccaglio ma comunque decisi
a farcela, a spostarsi in una direzione; in sù
o in giù perché dove stanno non va mai
bene: "verso la superficie si starà meglio",
"toccare il fondo è stupefacente".
Forse è lo stesso dappertutto,
dappertutto uguale, dappertutto liquami
trippe e bava.
Importa poco avere gli organi vitali ricoperti
da un corpo di bell'aspetto (o da squame),
avere una camicia con sopra le proprie iniziali
e i gemelli in oro, se stanno per spararci come
carne da cannone; un cannone caricato e pronto ad esplodere
contro la fine immensa. Colpo in canna.
"L'importante è farcela".
Pescetti con poche soddisfazioni: tipo pisciare
dentro quella piscina totale, fare lo struscio,
salutarsi (come se dovessero davvero andare lontano,
in qualche posto distante, per non tornare mai più),
dirsi addio. Sempre sù & giù per lo stagno.
Non è che da lì ci si possa muovere;
non se ne esce vivi.
Il massimo che può accadere è che stando
a pelo di quel mare di sputo rappreso ti succeda
di cascare di fuori assieme al brodo
che trabocca dai bordi del secchio
nel momento in cui si spezza la tensione
superficiale del sistema.
Allora sei un pesce fuor d'acqua.
Allora sei morto.

martedì 26 aprile 2011

Montaggio

Se sapessi dire altro che “fuori” e nei modi del suo contrario. E andare in fondo, fino a: non divide, ma resiste. dire “linea”, “filo”oppure “fuga”. ci riuscirebbe la sintesi in 0/1 a sgranare i palazzi a dirimpetto? che scelga i punti giusti, che possano scorrere ed essere detti - Non so, ma continua a chiedere - Da qui ci vedo camicie azzurre e terrazzi di fianco. Qualche braccio e un cappello - forse -

e “altro”.


PADOVA E' UN ACQUARIO

Te ne accorgi quando
Un giovedì sera qualsiasi
Conosci per caso X
Amica di un'amica di un'amica
E scopri che vi eravate già parlati
Alla festa d'addio di Y
E lei di te sa che [...]
E tu di lei sai che [...]
Ancora prima che te lo dica
Perchè fare previsioni è facile
E rispettarle richiede poco sforzo
Anche se la corrente contraria è forte
E non sai più in che direzione è il porto.

...


Padova è un acquario
Un acquaio
Ci tuffo la testa dentro
Passando notti intere in apnea
Fra i sommozzatori del sabato sera
& gli spiaggiati dalla bassa marea.

...

Padova è un acquario
(E noi siamo tutti pesci
Che sbattono sulle pareti)

lunedì 18 aprile 2011

LA NOTTE E' GRATIS


La notte trascina
in sé sabbia d’anime strepitanti
e rabbia, l’esaltazione, tumulti
di teste stordite esalando, ruggenti.
E’ rumore.
C’è di tutto davvero:
una vecchia che danza con
delle ragazzine fuori da un locale
dietro la stazione; esce in strada
una musica storta di porte vellutate
sotterranee e urla scimmiesche.
Bambini che dormono in incubatrici
asettiche.
Poliziotti che giocano con la paletta
e il loro porto d’armi seminuovo.
Cantori d’inni fanno il filo al satellite
dell’amore e non prendono mai una nota
giusta.
Tutto scola a valle goccia a goccia,
verso la risacca dell’alba; si culla
indugiando su sponde fatte di conversazioni,
rive di letti vuoti e vani chiusi a chiave,
dondolando. Passeggeri arenati lucenti.
Sono bocche che s’illuminano di sorrisi.
E donne che abbracciano sanitari in ceramica
inginocchiate, le braccia attorno al collo
del loro più grande amore, genuflesse
a vomitare. Le città mute
immobili dentro la corrente scivolano giù
affondando nell’oscurità, liquide.
Che splendore.
Spezza argini, e preme innanzi. Schiocca.
Ronza la notte che scroscia e sciacqua
via la doccia di passanti; gli astanti,
il pubblico non pagante,
Benedicendo.
E di continuo rendendo
grazie al sacro sgorgheremo
come sta accadendo ora.
Nel corso fluido rossastro blu
ocra, immersi corriamo
con o senza vita ai piedi ridendo,
andando incontro alla foce, ringraziando
il buio generoso d’averci dato uno strappo
tutta la notte, incontro al mare, ogni
aurora l’ultima volta.
E’ una meraviglia.
A mano col mondo
intero, ringraziando d’essere arrivato
in braccio al giorno a gratis.



sabato 16 aprile 2011

Umile

"...alla pena di anni sedici".
E' omicidio volontario.
E così va a farsi fottere
il coraggio
di studiare le Lettere.

Umile, l'azzardo
è sentirmi come voi
parte di chi
non ha alternativa;
non si chiama
professione,
ma fa rima.

E né medico né giudice
Amo solo uno strumento che
non suono.
Applaudo umile e sincero
non rimpiango mai l'eroe che
non sono.







giovedì 14 aprile 2011

I teoremi delle elementari

Non saranno i posti giovani
Non sarà avere mille tessere
E non sarà certo il terzo mojito
A farmi andare controcorrente.

lunedì 11 aprile 2011

GO WITH THE FLOW

Sgranarmi, assottigliarmi
Allenarmi ogni giorno a
Sciogliere il grumo
Ad allentare il
Dannato nodo di
Passioni & carbonio
Che infine sono
Sforzarmi di comprendere
Che niente ha senso
Perché non ce n'è bisogno
& accettare che ci vuole
Una vita di sforzi
Per dilapidarsi senza disperazione
Chiudere gli occhi, serenamente
Dissolvermi nella corrente.

Falsa partenza

I muscoli tesi sospesi sui blocchi;
con gli occhi, fissi, addocchio il corridoio.
Io muoio, intanto, sgraziato dall’attesa!
Che offesa, allo sparo di pistola
sentirsi dire da un giudice d’aprile:
“che guaio, devi ripartire”.

sabato 9 aprile 2011

AccaDueO

il corpo scarnificato
di chi nella vita ha visto solo pioggia

l'iride vacua, la bocca slabbrata
di chi la corrente lo corrode da quando è nato

come vene i torrenti come mani
risorgive

come peli le mangrovie sospese
su di un grande grandissimo fiume tropicale


(e tanto vale
che il corpo sia acqua
dato che la vita scorre e che moriremo presto
gettandoci dalla foce al mare
in bocca un misto di dolce e salato)

giovedì 7 aprile 2011

LIRICA DELIRANTE DEL VIAGGIO





(a mani nude,
invocando il mantra
 sempre uguale,
 il suono primo)




Prima di partire,
considerato il fatto
che qualcosa si deve
pur portare
per il viaggio,
(ognuno il suo bagaglio)
interrogando il vento
e le sue rotte
avete avuto in seno
un ansia d'aria,
in sogno un prematuro
mal di mare.

Fili d'ombra striavano
le acque quiete al porto,
riflessi di corde ancora
tese all'attracco,
domandavate loro
mute, muti:
- Cosa prendiamo con noi
per il viaggio, quanto dura?-
Si risponde col silenzio
alle richieste dei
naufraghi del ventre
e questo avete avuto
indietro appunto
(ognuno il suo bavaglio)

Mentre, venendo incontro
a voi l'ora del travaglio,
cercavate scuse buone
per restare,
sforzo vano,
non avendo affatto artigli
né un appiglio,
vi fioriva in volto,
fissa, la paura del
trapasso.
-Ma è tempo d'andare!-
dicevate, gli ormeggi
spezzando controvoglia, e,
rotto ogni indugio,
lasciavate per sempre
la sicurezza del primitivo
rifugio.

Avete celebrato vita
come un lutto,
venendo al mondo
nudi e piangendo,
a mani vuote,
ecco tutto.
Prendendo con voi,
come fanno i viaggiatori
saggi, soltanto il
peso che sareste
(forse)
stati in grado di portare.

mercoledì 6 aprile 2011

FALSE PARTENZE

Un'autoarcheologia #3

"Se arrivi al traguardo per primo
Alla fine ti diamo un premio"
Ma adesso che vedo l'arrivo
Temo che il giudice non fosse serio.


Volevo esplodere a Siena
Ora esplode solo il mio mal di testa
"Ritorna all'ovile, abbassa la cresta!"
(Ma chi credeva che la realtà fosse questa?)

...

(Sono circondato da tutte le parti
Ognuno mi grida: "Salta!"
"Ma in che direzione, scusate?"
A questo non danno risposta).

...

((San Gimignano Homemade Madeleines

Vacanze in agriturismo
Nel riflusso di fine anni Ottanta
Posti di mare di cui ricordo
Soltanto il sole che invade una stanza)).

...

"Ma ci troviamo soltanto con quelli
Che hanno un navigatore della stessa marca?"
Dubbi che sorgono mentre guidiamo
Lungo una strada semi-deserta.

...

Sbaglio strada ogni cento metri
Il navigatore non sa più cosa fare
E nonostante provi a ricalcolare
E' ora di scendere, e camminare.

...

IL CURSUS HORRORUM FINISCE
PRIMA ANCORA DI COMINCIARE

...

Quest'estate (copione per risposte evasive):

- Ho viaggiato (col pensiero)
- Ho aspirato alla libertà (e l'ho subito espirata)
- Ho tentato di volermi male (ma poi non ne ho avuto il coraggio)
- Ho vagabondato sotto ponti metafisici
- Ho provato cose per gioco rischiando grosso di prenderle sul serio
- Ho nascosto foto nei cassetti per ritrovarle quando ne avrò bisogno
- Ho sofferto di agorafobia sdraiato da solo sul letto
- Ho cercato di svoltare (ma mi ero dimenticato la freccia)
- Ho incontrato gente strana in posti del tutto ordinari
- Ho fatto impazzire il navigatore satellitare in Toscana
- Ho tentato di fare passi più lunghi della testa

- Ho decisamente esagerato con i paradossi.

...

BACK TO THE START

Mi preparo per il ritorno
(Sta tramontando? Spunta il giorno?)

ERASMUS DIARY

Un'autoarcheologia # 2

09/10/2009

(FORECASTS)

In questo Erasmus sarà inevitabile:
Conoscere gente che non ti piace
Uscirci insieme
Stare solo quando non vorresti
Non capire le cose più semplici
Vederti con ragazze che non fanno per te
E pensare che sei l'unico rimasto sano
Mentre sei solamente uno dei tanti
Che si credono meglio di quello che sono.

...

17/10/2009

(lost my credit card)

Con il mio bancomat probabilmente
Adesso qualcuno sta
Facendo spese pazze in un LIDL di provincia
O alla Mediaworld
E si prende il televisore piatto
Due birrette
Ed è contento
E allora forse è giusto
Va bene così.

Amen.

...

25/10/2009

Non sono ancora un bravo Erasmus
Troppo pudore a pronunciare la parola "amico"
Ci riesco solo sottovoce e di spalle
Quando nessuno sente cosa dico.

...

(CONTRA FACEBOOK

Il discorso lasciato a metà
Con la mia barista preferita nel
Zeugnis Cafè di Heidelberg
Che è svaporato nell'aria fredda di questo pomeriggio
E ormai non è niente più che condensa sui vetri del locale
Come potrei riprenderlo adesso
Nonostante Facebook e Twitter e la telepatia?)

...

20/11/2009

E così mi trovo anch'io
Com'era ampiamente previsto
A frequentare il bar degli Erasmus
A cercare di conoscere gente
Di cui non mi interessa assolutamente nulla
Che viene da Grecia Turchia Egitto
Galapagos Tonga Malaysia
Dai poli dagli antipodi da Marte
Che fanno tutti le stesse cose
E si cercano di vendere bene
In questa che alla fine
Come non chiamarla concorrenza?

...

1/12/2009

(E questa sottospecie di lacrime
Non certo da prima visione
Che si solidificano sulla faccia
Benchè cerchi di guardare altrove?)

...

26/12/2009

Tutto stava già lì
E lo vedo solo adesso
Ma come accorgersi, se non troppo tardi
Dell'amore dentro i tuoi sguardi?

...

NATALE CON I TUOI

Una festa anomala
Dove mangiamo la crisi
Nel cenone di quest'anno
Che ormai è "comprato fatto"
E io mi ricordo di noi da piccoli dai nonni
- E allora ci credevo a Babbo Natale
Perché esisteva veramente
Ma adesso come farebbe a portare
Cellulari e Nintendo DS? -
Che giocavamo tutti insieme
E vorrei piangere, e invece niente.

...

27/1/2010

Facebook
Che ancora tormenta le mie serate
Quando si scopre che non ce l'ho
Anzi che sono contro...
"I mezzi dipende da come li usi..."
"Cameriere, mi porti il conto!"

...

LISE

E così anche lei se ne va
Senza che praticamente ci siamo conosciuti
"Volevo dirti una cosa..."
Impossibile, per via dei saluti.

...

3/2/2010

TRAUM(A)?

Nel dipartimento di Archeologia di Heidelberg parte "Oloja que llueva café nel campo", i prof. escono dagli studi, formano le coppie, e si mettono, lentamente, a ballare.

...

3/3/2010

Noi che traslochiamo una volta ogni sei mesi
E abbiamo sempre i trolley sotto ai letti
E torniamo innamorati come prima
Anche se ci ricordiamo solo i difetti.

...

(Naturalmente l'ultima spesa al REWE
L'ho già fatta senza accorgermi
E pensare che avevo calcolato tutto
Il modo di congedarmi da ogni reparto
E invece è già tutto finito
Sono le otto, e già sono in ritardo).

...

01/04/2010

BACK TO THE START

Rivedere gli amici dopo tanto tempo
E sentire le solite due battute
(((E a questo punto, come dirglielo
Che non ti erano mai piaciute?)))

domenica 3 aprile 2011

Nel giardino

Nel giardino soltanto
lo scorrere lento e lieto delle stagioni
uniforme nel suo nascere e morire di fiori
- germoglio e distacco, caduta
e nuova nascita -

a volte ti pare di vederlo in sogno
oppure senti grida e schiamazzi
dall'esterno e sono vicinissimi
e la quiete è minacciata
e capisci che lì sta tutta
tutta la sua importanza - nella fragilità

e ti chiedi se saprai
lasciarti alle spalle i fiori
e le morbide azioni quotidiane
come la distribuzione dell'acqua
e la potatura, ti chiedi
se saprai gettare al di là di queste mura
lo sguardo, ti chiedi
se gli usati, conosciuti strumenti
ti cadranno di mano al momento giusto
e se varcherai la porta
non guardandoti indietro
perché la tua Euridice sta lì fuori
nel mondo, tra le grida.

sabato 2 aprile 2011

Anni in regionale

(Ogni volta che mi sono detto "domani parto",
Mai niente che sia andato in porto).


Accorgersi all'improvviso
Mentre inseguo il milionesimo treno
Nel trompe-l'oeil di Via Indipendenza
Che rincorro da tutta la vita
E conosco a memoria, credo,
Ogni binario metro per metro
E pur avendo vissuto
Una stazione per ogni stagione
(Vicenza - Padova - HD - Macerata)
Ho imparato poco o niente
Che bisogna sempre tener d'occhio i cartelli
Che i binari non portano mai dove dicono
Soprattutto che quando si parte davvero
Non bisogna guardarsi indietro
(Ma devo ammettere che talvolta
Mi sono anche sorpreso a boicottarmi
A seminare di sassi il sentiero
Perchè se un posto lo amavo in fondo
Partivo solo per gustarmi il ritorno).

venerdì 1 aprile 2011

D. S. R.

(an open letter to R.)





correndo verso casa,
di ritorno dalla stazione
dove t'avevo lasciata
baciandoti le guance,
(un fiume in piena di domande
messe a tacere sulla lingua)
leccando via le lacrime dalle
tue labbra, il sole è quasi sorto.

la lunga statale dritta
era un deserto turchese con
schegge di luce rosa & avrei
giurato d'esser stato solo,
(non fosse stato per un autocarro
incrociato sulla strada che
ronzava veloce verso il mercato
della frutta); mi credevo di andare
in bocca all'aurora e non addosso
alla fine di quest'assurdo
romanzo sordo, rimasto 
parcheggiato in fondo ad un
binario morto.

era l'alba. la stagione
del nuoto mormorava un blues
nella tua lingua, lo ricordo:
<<at dawn we might be careful
for our love it might rise
at the end of the snow>>.
è stata la tua voce assente a cantarmi
tutto il tempo quelle parole,
ora lo sai.

c'è di più.
giunto a destinazione; di nuovo in porto,
lasciata alle mie spalle la
porta chiusa, ritornato
nella quiete massacrante
di una casa vuota ho raccolto
con cura i segni di te & i tuoi disegni
rimasti sparsi tutto intorno.
le due tazze, come intonse,
della colazione e il piatto
in porcellana sul quale avevi
sbucciato una pesca, il coltello
appoggiato con la lama
impressa del suo succo e
il dizionario idiomatico
english-italiano che
avevi lasciato aperto
poggiato sulla cassettiera
alla pagina <<come ti chiami?>>;
altro non c'era.
così almeno credevo, R.,
invece era l'inizio soltanto.

una volta nudo per la doccia,
scorrendo la mia immagine
sulla superficie dello specchio
del bagno, cercando ragioni
per un male così forte figlio
di una manciata di giorni
spesi insieme (davvero pochi),
ho trovato sopra il cesto
della biancheria sporca un tuo
braccialetto; lasciato lì,
dimenticato. l'ho portato
alle narici chinando la testa
contro il petto, odorandolo
con attenzione come fa
chi stringe fra le mani una reliquia;
il tuo profumo & le parole dolci
che ti dicevo, che mi dicevi:
<<you're so gorgeous baby!>>,
le tue braccia docili e rosee, le
tende pesanti della camera da letto,
quel vento fresco, tutto custodito
dentro quell'affare di poco conto &
di così grande valore per il fatto
che dentro aveva il tuo odore.
lo ricordo.

ci ritornavo forsennatamente come
un cane che cerca una pista da
seguire, e non si da pace.
e latrando di solitudine, mi dicevo:
<<sei cinico.. è tutto vero, è tutto
vero; non pensarci, non pensare male>>.

poi ho preso ad avere sintomi strani;
la mattina pisciavo aghi e altra merda
che non sto qui a dirti e ho capito
che c'era ancora qualcosa che avevi
voluto lasciarmi;
un ultimo, il più significativo, souvenir.
e non sbagliavo.
ricordo più di tutto quel dolore beffardo,
lancinante, che non mi lasciava
nemmeno la notte.
e il dottore fu chiaro il giorno
che mi decisi a farmi visitare:
<<lei deve stare più attento, signor C...>>

in quel momento ogni speranza
si è letteralmente ammosciata, cara R.,
non lo nascondo, ti ho maledetto.

ho maledetto te,
il tuo insignificante bracciale & la collana
che mi avevi dato come pegno, il tuo
italiano stentato e le parole melliflue
che usavi per incantarmi.
ti ho maledetto per una stagione intera
dopo una rivelazione così aspra.
ho lasciato suonare quel disco per
molto tempo ancora & non era più la tua
voce a parlarmi ma quella presenza
orrenda nella mia carne:
<<at dawn we might be quiet
for our bones they might rest
at the end of the snow>>
 perché l'ultima cosa che ho avuto
di te addosso non sono stati gli ultimi
baci della partenza né le tue
mani attorno al collo ma
quest'infezione sul mio sesso.


e gli angeli, non ci vuole un genio
per saperlo, non fanno equitazione
né seminano malanni
per il mondo, sorridendo.

Quando passa?

"E tu, in erasmus, perché non ci vai?
Non pensi a quest'esperienza
di vita, vita che qui già ti schiaccia
stantia, perché non vai via?

Hai forse timore? E' forse paura
di atterrare sospeso immigrato?
Ammarare, magari, ché il sale ci tempra
come cuoio conciato
amaro tabacco?
Non vedi? E' oltre, chi torna, è fermo
in stazione, aspetta che sosta
più sosta non sia, perché non vai via?

E' questo che fuggi? La muta
della pelle, del tuo esser te
o forse il collasso, l'oblio
del tuo masticato
coi denti ingialliti per fumo nervoso
del sale seccato
su spalle curvate in percorsi a ritroso;
di ciò che è costato, sì, avrai
nostalgia, ma perché non vai via?"

A stormi vi ho visti schiacciati dal Qui.
Qui, dove non resta che accordarsi allo stormo.
Io aspetto quello che non fa ritorno.




domenica 27 marzo 2011

Il suonatore che disse Non suonerò più

Ho suonato per tutta la vita
e non potevo fare altrimenti.
Avevo davanti un gran muro
che mi sforzavo di superare
ma a mani nude, senza gli attrezzi adatti
mi convinsi di non poter far nulla
se non produrre suoni
più agili delle mie mani
che portassero notizia di me
a quelli che stavano dall'altra parte
silenziosi.

Ho suonato per tutta la vita
convinto che la mia debolezza
fosse una forza immensa
che la scelta più nobile
più difficile
fosse la mia.

Invece ero soltanto debole
e una mano decisa a svellere una pietra
in un solo secondo ha compiuto
cose più grandi che io in dieci anni
e la musica della polvere che tocca terra
mi farà presto ammutolire
pieno di rispetto
per un gesto che è solo quel che è
senza compiaciuta ostinazione
pacato e sereno
come il torrente che scorre
e scava senza fretta
anche il terreno più duro.


giovedì 24 marzo 2011

IL SILENZIO E' L'AMORE




l'amore è un campo di battaglia,
è un lupo che cammina sul red
carpet ringhiando ai flash delle
macchine fotografiche,
sono serpenti di muro
che corrono lungo il fiume
in direzione del tramonto.

è una ragazza con le labbra fini,
vivide, il collo elegante & i capelli
neri raccolti che legge
Proudhon seduta accanto a te sul treno;
con un corridoio in mezzo che vi divide,
e un amico caro.

è questo, Cristo! un rappresentante di fucili russo,
un punk che aspetta il verde all'attraversamento
pedonale, una crisi di panico dopo tutto
questo sbatti.

quando poi ti fermi a riconsiderare tutto,
e ti sforzi di pensare a questo come ad un fiore
sbocciato di cui conosci l'odore
e provi a sentire violini e sospiri dolci anche
dentro lo sferragliare feroce della
metropolitana, mattino presto,
in direzione di casa
cerchi un bagno per guardarti allo
specchio per vedere se non stai perdendo
denti o pezzi di carne per strada. darti
una controllata in fin dei conti.
per dire che va tutto bene, che è
tutto a posto,
rimugini. immagini, senti solo
rumori di briglie che frustano metallo
e martelli pneumatici, 3 canzoni in testa,
nessuna delle quali è quella giusta.

realizzi che l'atterraggio alla realtà
è sempre duro; ti trovi con graffi,
ferite segrete lungo il ventre
o sulle braccia e denti rotti;
ti mancano le gambe e non hai
voglia di sfidare la morte; ti viene
la fissa di strisciare; stare alla
larga dai confini, cercare un centro, un
bandolo,
un litro di vodka secca:
ci bevi sopra.

e pensi che Carlo B. ha ragione
Luigi C. ha ragione. anche
Enrico T. aveva ragione,
o forse sei troppo giovane per capire
di questioni di stile & ritmo, troppo giovane
perché ti possa fottere qualcosa del calcio
o dell'equitazione in generale, troppo giovane
perché qualcuno abbia l'intenzione di stare
davvero a sentire quello che stai dicendo.

lasci cadere la bottiglia.
spegni la radio.
ti sigilli sotto le coperte in silenzio.
viaggi attraverso le immagini,
aspetti che il male passi.


martedì 22 marzo 2011

INNER CLIMBING, KREUTZBERG

Le nuvole là in alto ci ricordano chi siamo
Ognuno intento a decifrare i propri enigmi
In città auto-custoditesi con cura
E se dietro ad ogni incrocio spunta un muro
In mezzo a tutti i rumori che ora sento
Non capisco se lo abbattono, o lo stanno costruendo.

...


Pomeriggi pastosi lasciati a liquefarsi
Lungo chilometri di storia ormai in macerie
- E pensi che per quanto ci si possa provare
Non c'è mai stato nessun modo per scappare.

...

Gli specchi cantano controcanti stonati
& noi stentiamo a programmare cosa fare
Poi decidiamo che appena fa buio usciremo
- Parlano di una breccia dove si può attraversare.

...

(Come sempre, dietro il muro,
Nient'altro che un altro muro).

...

((Ma al culmine della bassa marea
Quando ormai sto per rinunciare
Penso che sei tu la mia scala
E forse ce la possiamo fare)).

sabato 19 marzo 2011

DegniDelDolore

Andiamo, andiamo tutti
a vedere le macerie,
a dar senso a queste ferie
a disperderci nell'onda,

nella terra che ora affonda.
Ho bisogno che si scriva
della pioggia radioattiva.
Voglio foto commoventi.

Voglio vivere di stenti
e del pane più raffermo,
valicare questo schermo,
esser uomo del mio tempo

e non avere via di scampo;
tanto poco dura il dramma
di chi pensa a un epigramma
senza elaborare i lutti.









giovedì 17 marzo 2011

UN PO' DI SILENZIO, per favore


ogni strada si divide normalmente in due parti
lungo la linea bianca che separa le corsie di marcia

come sempre l'uomo
è geometrico, regolare, compone
in due metà perfette ogni cosa
l'obiettivo è schierarsi, prendere posizione
affiliarsi e poter dire Mi piace
questo, quest'altro mi fa pena
Io sto dal lato giusto

protagonista assoluto
il Dibattito, questo grande fantasma
che rende equivalenti opinione
e liberazione, che dice Parla
e sarai salvato
Tutti possono parlare, tutti
devono scegliere da che parte stare

///////////////////////////////

Tutti possono parlare, tutti?
Perché quando terribilmente la terra trema
quando ruggenti le scosse ricordano a noi
che siamo microbi, ai nostri padri che non sono invincibili
allora misuriamo il tempo attentamente
prima del nostro miserabile intervento
nel dibattito collettivo, inspiegabile, se siano giusti -
Sono giusti
questi diecimila morti?

forse solo pensando sottovoce
coglieremo l'enormità della disfatta
la grande indolenza del pianeta
che con un gorgoglìo di pancia
ci ammonisce
ad abbassare il tiro

giorni festivi e strade deserte

in macchina non si ha mai il tempo di guardare le cose
il paesaggio, le anime che stanno intorno, il cielo
ma a volte capita di dimenticare la velocità
e di gettare gli occhi oltre
è possibile allora percepire oggetti incredibili
come le due file di alberi che costeggiano la strada
con i rami alti che si intrecciano, che si sfiorano
e percorrere la navata di una chiesa vitale è meglio
che baciare i banchi e il sedere del prete

poi, in questo striminzito boulevard padovano
ci sono altre cose incredibili
come le bandiere
che ci ricordano dove abitiamo
e cosa significa abitare
prendere su di sé le gioie, i dolori
soprattutto i dolori
della propria terra martoriata
e ricordare che esiste anche la chiesa vitale
anche un altro paese
con meno nebbia e meno mazzette
con meno meschinità forse, e meno preti
con più passione
e voglia di restare, o di fuggire, con voglia
con l'anima e con il corpo
soprattutto il corpo
fisicamente impressi con le nostre ombre
schiacciate dal sole
di questa primavera
che non l'abbiamo mai aspettata con più ansia


150.

E' appena cominciata la festa
- Ho già i postumi e il mal di testa

martedì 15 marzo 2011

FUORI STAGIONE




Non ho nemmeno più scuse
per giustificare la mia presenza
qui, né per esigere l’ascolto di chi mi
è ancora caro, la pazienza reclamando
come elemosina,
schernirmi con parole di rimando,
scusandomi per i ritardi in anticipo,
avendo la cura d’arrivare solo, sia chiaro,
ad appuntamento mancato;
puntuale & tempestivo,
implorando perdono, sempre
procrastinando, all’inseguimento,
prendendo tempo o perdendone,
vergognandomi di questa raffica di colpi
di silenzio & di pretesti che ho indosso;
paralizzato dal panico d’arrivare troppo presto
(trovare la piscina ancora vuota & schiantarmi)
dalla paura d’essere ultimo
(restarne fuori, scoprendola sguazzante, stipata)
ma più di tutto m’inchioda al trampolino
il terrore di giungere al momento giusto.

Disastri

Un'autoarcheologia #1

Che pietà si può pretendere da me
Che mi sbafo stragi & tragedie a colazione
Le intingo nel caffellatte guardando "Unomattina"
Canticchiandone la sigla spensierata
"Il terremoto"
"Gli omicidi"
"Gli aborti"
"La repressione degli insorti"
"Centomila milioni di morti"
(Ma quando son crollate le torri
- Nell'enigma dei miei 15 anni -
Mi ricordo la telefonata
Terrorizzata di mio padre
Che a mezza voce mi diceva
"Da oggi siamo in guerra"
E io non capivo bene
Ma se adesso mi conto le ferite
Mi accorgo che l'ho combattuta anch'io
Nella retroguardia delle case fuorisede
E delle discoteche di periferia)

lunedì 14 marzo 2011

Il Perdono?

Forse dovremmo
anche noi qui
volgerci ai piedi
lasciare il cielo
aggrapparci alla terra
e capirla, così
quando viene
a mancare


domenica 13 marzo 2011

(Contro la) Forma, n'est-ce pas?

Farfugliando, fonfo, formalità fittizie
Arròvoli appaesate assonanze.
Cosa è che cerchi con codarda costanza?
Empi elementi? In evanescenza educi!
Rifuggi, ramingo rottore:
Epurati eliminando superficie.

Accanto, la asontanziale ambiguità
Uccide una lettura universale.
Dentro dolorose doglie
Educati eminenti emistichi
Tessono trama profonda.

sabato 12 marzo 2011

Alla mia amata società dei consumi

Bene io sono pronta-
accendi tu le luci?


Genio civile

Graffetta a sangue
le due sponde
sulla ferita maestra della città,
ma come sposa bene le cortecce,
la ruggine!

Spinge in giù la gravità
E il dolore spinge in su.
Il ponte di ruggine non crollerà.



(POSTILLA SENTENZIOSA)

(Gli studiosi dei riti di passaggio
Mi daranno senz'altro ragione:
A ogni cambio di stagione,
Morte, e resurrezione).


Pura Vida

Ed è più che una speranza ormai
(Ribolle in tutti i pori della pelle)
Che nonostante gli strascichi di freddo
Di un dicembre che dura da due decadi
Presto - molto presto - ci incontreremo
Io & te per caso davanti al palazzo L.
Contemporaneamente richiamati da qualcosa
(Il sole non sarà ancora tramontato)
E il mondo ci sembrerà così facile
Che ci sentiremo in dovere di fare un'impresa
E quando ridendo dirai "Potremmo andare al mare"
Per la prima volta dopo tempo immemorabile
Capiremo che è fattibile di nuovo
E faremo la statale a 130
Senza paura di tenere i finestrini abbassati
(Finalmente l'autoradio darà musiche di festa)
E poi di corsa fino in spiaggia
A seminare le nostre impronte sulla sabbia
E non ti avrò mai vista così
Berbera & bellissima
Non ci sarà nemmeno il tempo di riprenderci dal fiatone
(C'è così tanto da recuperare)
E non avremo più bisogno di parole
- Se ti guardo capisco cosa fare.


giovedì 10 marzo 2011

Non si è mai abbastanza gatti

quando abbiamo perduto la pienezza degli affetti
di una vita vissuta puramente
- come i gatti rincorrersi sui tetti
e combattere i piccioni in agguato
sulle cimase, là dove le case muoiono -
non ci resta che inveire svogliati contro il cielo
prendendosela con la primavera, che tarda ad arrivare
con il freddo che rimane
mentre il buio non accetta di morire

potessimo anche noi esplodere di luci
tra i nostri ormoni, tornare animali
per correre dietro agli odori di piante e ragazze
e cercare affamati il cibo per le nostre anime
ma con misura, come solo l'animale sa dosare
senza stancarsi inutilmente, senza parole
guidati soltanto dall'istinto d'amore, dalla voglia
di appagare l'appetito carnale, o la fame spirituale - è uguale

potessimo saltare, mezzo metro in avanti
per scavarci la fossa, infilzati dallo steccato
- almeno sarebbe veloce -
o cantare la vittoria della scoperta
l'ebbrezza di avere tegole nuove sulle quali tremare
e poterci finalmente muovere circospetti
la paura ad ogni passo, pesando i movimenti
ogni singolo minuto sbadiglio
centellinando il sonno, azzerando al minimo
lo sbaglio, pienamente vivendo
il singolo momento.