POST HIT: 2012

lunedì 31 dicembre 2012

COLAZIONE








una tragicommedia
divertente che mi di-strugge
scritta da un solo uomo:
essere solo un uomo
e assieme un uomo solo/

scimmia da eroina, sei e mezza di mattina,
cappuccino al banco del bar come i signori
il freddo fuori e il motorino,
ci metterò venti minuti fra l'accenderlo
e il partire, mi distraggono
i fari delle prime macchine che passano
e mi perdo, ma non mi perdono mai/

dopotutto è solo venerdì, già.
è già quasi sabato, solo così per dire.
poi c'è la domenica.
il lunedì,
e la vita è un'interminabile settimana
di facce senza volto e di cose
che si perdono/



domenica 16 dicembre 2012

Qualcosa che dovevo dirti

E così, passati entrambi i 26
Anni, un po' me la rido quando ti vedo
Ancora taggata su Facebook, braccata
Come una bestia ferita
Nelle foto desaturate di
Ogni singola serata
O sagra del Triveneto
Con i tuoi amici tutti vestiti giusti
A Natale in t-shirt come ad agosto
E sempre,
Immancabilmente,
Con il tuo sorriso più bello
(Che a distanza di così tanto tempo
Mi fa ancora trasalire, lo ammetto)
Anche se poi mi scrivi che ne hai disgusto,
Che sai benissimo che è tutto finto,
Il tuo film preferito resta Into 
the Wild & prima di addormentarti
Leggi ancora Čechov e Zweig.

Quanto a me, non sono sicuro di niente,
Non ho una professione
Degna di questo nome,
Lavoro ancora al vecchio progetto
Di farmi benedire dal sole
& decifrare i segni che non capisco
(Ma nella mappa che ci hanno dato
Mi sono perso prima dell'inizio).

mercoledì 21 novembre 2012

TESTAMENTO A GETTONI




[ Slot Machine Portraits, Vladimir Kobrin ]




Una slot machine a forma di sfera
ogni nazione e ogni popolo
con la sua lebbra e il suo pianto
e su tutto il trionfo della bomba.
Giù un gettone anche per fare l'amore
o morire/

Ciascun uomo solo. Solo!
Senza storia e senza grido,
con la faccia a pezzi e un urlo
col silenziatore in gola.
Giù un gettone anche per sapere
o sperare/

E ora me ne vado,
me ne vado senza che mi abbiate
restituito i miei beni.
Me ne vado senza avere imparato
nient'altro che a imprecare e maledire.
Me ne vado senza aver visto l'amore
con le labbra piene di bava e
di bestemmie amare/

Ora me ne vado,
non voglio più vedermi:
eccoli tutti i miei possessi
dati alle fiamme.
Via! Via! Bruciate tutto!
Carta bianca
vuoto di memoria
posto vacante
colpo a bruciapelo/



lunedì 19 novembre 2012

ESTATE SOTTERRANEA








sei un’estate sotterranea
tu che sai penetrare
segretamente negli occhi
degli uomini balzando furtiva
dai balconi
attraverso finestre chiuse
violando le leggi
conosciute della materia
infrangendo la privatezza
di quanto essi vorrebbero
restasse celato al mondo

in quelle camere resti,
anche per poco,
ad ossigenarli riscaldando
di nascosto le atmosfere
artiche di stanze
che hanno la temperatura
di steppe siberiane,
soffiando vento caldo sulle loro mani
giunte strette al tuo seno
che cola in stelle liquide


poco conta che tu te ne vada 
con la stessa leggerezza con
cui sei arrivata,
senza che nessuno di loro
si accorga dei tuoi passi
verso la porta,
non è la fama che cerchi,
ma qualcuno che ti stringa a sé per
portarti nel blu di una stagione
solare di lievi brezze tiepide
frementi di baci,
qualcuno da seguire
nella luce dell’estate totale



giovedì 15 novembre 2012

AUTUNNO, GALLERIA DI VISI


[ " Leaf ",  Leif Podhajsky, 2012 ]




sta la sera
le foglie trafiggendo
ad una ad una
ah! tenera tristezza
-     fiore del mio sangue –
troppo dolce per poter
essere eterna

...

un cieco vede la cecità

il pazzo sente la follia
ad ogni suo passo

assolti da ogni dubbio
gli amanti sanno l'amore

...


spoglia sboccia la strada
solinga ed ombrosa

voce tenue sulle labbra
cuore trepidante

dormono i mari
si smorza il suono

spuntano ombre
in lontananza




di primavera andate
vestiti amanti!

tessuti di vento
fin dentro i vostri petti
ansanti

muovendovi lontano
verso la sete ma
con acqua di fuoco
nella mano



non vanno in nessun luogo
le strade della notte

forse l’oscuro Nord
vi sembrerà più ospitale
di qui

nonostante il freddo
che verrà
torvo
a baciarvi le mani

non vanno in nessun luogo
le strade del mattino

nel desiderio che vi
nutre sciogliete le paure
bruciando ogni brina

che è il fuoco sacro
a indicarvi il domani











CANZONE NUDA









la vibrazione scorre
nella parola e oscilla
fuori,
è un'onda di sangue
di pietra, di lingua/

ha un'anima di salgemma:
è un mare d'amarezza
assolata, un abisso di
solitudine assoluta/

la stessa che ebbero
modo di gustare le amebe
prima che fosse
lacrimato l'uomo
sopra gli oceani/

è una canzone nuda:
nessuno la suona,
suono puro,
è una preghiera del mattino
fatta di parole senza bocca
il ronzio che nessuno
mai vedrà attraverso
strumento alcuno/

è il canto di questo buio
che si stende
sopra il nostro amore
fugace/





mercoledì 14 novembre 2012

LE STANZE SPAGNOLE



["Guernica", Pablo Picasso, 1937]




in una camera nel mezzo
sotto una lampada
distese nell'attesa
tre forme
curve,
mormorando.

attraverso le stanze
silenziose
carni oziose
sommerse 
nel profondo sussurro
della quiete sotterranea.

avverto il palpito
nei loro petti agitati,
si sentono soli.
si sentono bersaglio
di un mistero:
un presentimento tenebroso
che pende sulla città
e detta loro l'ansia
della vita eterna.

anche in questi luoghi segreti
scavati nelle interiora
dei palazzi
siamo capaci di sentire
la paura delle bombe,
della gettatezza l’angoscia
della morte la certezza.




sabato 10 novembre 2012

Tracce

Ho armadi pieni di scheletri
- sotto i tappeti, schegge & vetri -
& vivo da sempre nel terrore
Che qualcuno mi scopra, che prima o dopo
Salti fuori che anch'io
Non sono che un bluff, un abbaglio
Una bufala una montatura
Uno sbuffo
Una striscia di bava,
Quando sopravvive a se stessa
Sull'asfalto della strada.

domenica 4 novembre 2012

SANDY





squarciati
come fragili pontili
di legno eretti in faccia
all'oceano
erano anche i suoi
piccoli occhi chiusi
lì fra le macerie, sepolti
dentro il fango.
a giochi fatti non resta
che raccogliere le poche
cose da terra,
e tutte le lacrime
ritornate nel profondo
dell'oceano.

TORO MECCANICO







mi è stato necessario esercitarmi
alla lotta con sparring partner
ai quali potevo tranquillamente
spaccare la faccia,
sfregiando loro il volto
senza tante remore
- schizzi di sangue sulle
guance, fra le gengive -
roba da mordere la schiena e
i capelli, roba da tenere salde le cosce
in groppa e stringere fino
a farsi paonazzi.
niente m'importava di loro:
è giusto dirla tutta.
del resto il più delle volte la cosa 
è reciproca e una volta saliti
sul ring ognuno corre i propri
rischi alla pari.
50 e 50.
non ci sono vantaggi né ostaggi
né tantomeno stalli alla messicana
in questo gioco.
puoi sfasciare loro i denti
senza alcun problema, ognuno si 
gioca quello che ha da mettere 
in tavola senza complimenti.
è come un rodeo simulato:
un toro meccanico,
una finzione.
e non è che non sia vera:
solo manca la scintilla dell'Incontro,
del momento per cui ti alleni da sempre.

è un esercizio propedeutico
che ti logora ma rafforza lo spirito.
non ci si può proprio presentare
alla partita vera impreparati,
intendo senza aver prima
fatto a botte con della carne da macello
che si possa anche sprecare.
è un addestramento metodico e lineare.
implacabile.
è un'impalpabile finzione
che finisce a rassomigliare
ad una vita ma che ha in sè una
specie di forza vitale efficacissima
che ti spinge a ricercare lo scontro,
quello vero.
quello in cui ti giochi tutto e non c'è
nessuno che fermi la giostra quando 
ti stanno letteralmente pigliando
a calci in culo, a colpi bassi sulle reni,
nessuno che dica 
fermi! stop!  così vi state ammazzando!
riprendiamo daccapo, tu devi sistemare
il tuo gancio sinistro invece tu cazzo
non hai movimento di gambe, datti una
svegliata -
niente di tutto questo.
niente protezioni
né reti da trapezista solo un
50/50 e la tua vita in gioco.

e tutto quello
che hai da mettere sul piatto
sono le tue mani e la rabbia
e non hai più nemmeno
fiato e sei all'angolo: un vecchio pugile
sfiancato, messo alle corde,
che se la gioca tutta in una volta,
debole di gambe, 
fiacco sui piedi ma
con la voglia di farcela.
un vecchio pugile all'angolo
che gli fa male la carne 
che vuole andare a casa
che non vuole più giocare a quel
gioco del cazzo in cui finisci a fare
il sacco da boxe umano, il punchball
con gli occhi a stella solo
perché - tanto il toro meccanico
è più rassicurante,
al massimo ti becchi una leggera
commozione, non rischi certo di
lasciarci le penne -
ma non guadagni niente. 

non puoi mica morire
facendo lo sparring partner.
meglio finire al tappeto sapendo di
essertela giocata tutta sulle 
tue gambe.
meglio schiantarsi come un funambolo
nella nebbia mattutina 
sopra un filo
che corre attraverso l'alito
freddo
delle nuvole,
e cadendo giù,
sorridere.









sabato 3 novembre 2012

CUORI & PORTAFOGLI








notti lame piatte
coltelli bianchi
mogli fatte a maglia
la mia luce splendente
sta sotto il cuscino
oh terra
non voglio
costellazioni lontane
ginocchia valghe
collinette intricate
né ragazzine
saputelle al limite della
decenza
confortate dalla sicurezza
economica di papi
del cui riflesso brillano i loro occhietti
pur troppo strafottenti
per essere sbocciati
solamente
dalla loro ultima adolescenza
meglio un tirapugni
darci dentro
una femmina
o qualsiasi altra cosa
che non mi faccia
ricordare l'inebriante
progredente
trionfante
avvenente
danza del futuro
ché
io non l'ho la speranza
né la penitenza
né gli esami di coscienza
addormentami terra
e sbiancami
domami zittiscimi
io non lo voglio un risveglio
né uno scopo
né la consapevolezza di
questo e quello o di tutte
le altre cose che adoperiamo
per riempirci occhi bocca
cuore e portafogli







martedì 23 ottobre 2012

...

a volte è meglio sospendere tutto,
darsi una calmata,
fare addirittura il bucato a mano,
e guardarsi diritto in faccia.
a volte è meglio tacere avendo ascoltato tutto.
queste righe sono le riserve riguardo a quanto
ho ascoltato oggi come ieri come l'altro ieri.
e non sono niente di particolare.
esattamente come ciò che mi è capitato d'ascoltare.
esattamente vita rasoterra.
esattamente 4 etti di solitudine, lascio.
eccetto per quella storia riguardo ad un tizio
che ha quasi ammazzato il suo ex migliore amico
perché alla fine dei conti ha scoperto che gli si chiavava 
la moglie sotto il naso, così, e non c'ha più visto.
gli ha spezzato entrambe le gambe, praticamente a mani nude.
lì. a quel punto della storia (e della settimana) ho riso.
per fortuna ci sono sempre i vecchi 
che mi ricordano che non ho vissuto la guerra.
almeno non quella che hanno combattuto loro.
a volte la guerra è solo una questione di chi si è scopato chi.
perlopiù è (come al solito) una tristissima questione di soldi.
ad H&M hanno i maglioni in saldo.
andateci ora, o vi perdete tutta la zizza.



martedì 16 ottobre 2012

Gute-Nackt-Geschichte

Taglio & cucio cose tali halbschlafend
Sdraiato sulla schiena come sempre
Ma tirerei sassate alle stelle questa sera
Semplicemente perché ce n'è così bisogno
Mentre noi strisciamo come serpi
Da un letto
             [ vuoto
A un lavoretto
A un altro
E chi ci vuole bene ci consiglia
Di darci una calmata
& una laurea in ingegneria
& sarò anche facile profeta
Ma devo dire che l'ho sempre saputo
Leggendo i dettagli delle nostre foto
Che saremmo finiti esattamente così, io & te
Quello che non ho ancora capito
E' se si tratta di un premio,
Se & quando l'abbiamo scelto
& come mai quando ci separiamo
Mi soffia dietro un sospiro di vento.

lunedì 8 ottobre 2012

OH NOTTE. DOLCE NOTTE.




[ Savas Ozay, "Storm"]





il giorno è un gabbio abbagliante
di abbaini abbaianti e finestre
luminose fatte di contorni solidi
e confini chiari/
anche per le tue labbra ebbre
di tenebra così tenere blu-notte
è troppo lucido il risveglio
qui/
in piramidi di luci sfarzose
babele di televisori accatastati
che hanno allattato generazioni
allettate dalla comparizione//

la notte è distante. distantissima/
e tace//

un'apparizione//

fa male continuare a procedere
tentando a stento di battere
la distanza/
riguadagnar terreno, come si
dice, progredendo, addentando
in-avanti, aggredendo/
a tentoni nell'accecante riverbero
di luci/
sempre ritorno sui miei passi
ricacciato al fondo,
nella fame//

mi ci manderanno un giorno di questi
al gabbio dei matti sul serio,
ma non stamani/
mi lasceranno ammattire
un altro poco per i fatti miei
in questo tunnel di luce bianca
opaca lungo e senza corrimano/
devo ripercorrerlo tutto
dal verso opposto, dal blu
al nero e ritorno//

la notte sbatte. distante//

balconi di città murate
ettolitri di anni luce
in chilogrammi di solitudine
mi aspettano lì in fondo/
ridiscenderò come una furia
all'assalto, assediando le
porte chiuse con la foga
di un ariete/
ancora non so che troverò
una volta lì, dall'altra parte//

fa male continuare a cercare
di precedere la propria parte
peggiore tentando di batterla
sul tempo/
ferendola, anticipandola,
col solo desiderio di mutilarla/
nella consapevolezza che
attentare alla sua stessa esistenza
significherebbe spazzare via tutto,
rendendo ogni sforzo vano/
pretendere di digerire gomitoli
di merda senza neanche una bottiglia
di buon vino è davvero straziante//

il mostro è la nostra lucida insignificante
sobrietà//

oh notte. dolce notte/
torna. vieni/
che ti devo affrontare//

meglio morire in te bruciando
che svanire nella luce morbida
dei cieli blu, con una sempreverde
cera blues da depre spalmata
sulle palpebre/
dando e depredando esistenze qui
e là, programmando astinenze continenze
attuando niente più che attenuazioni
di una sete priva di ragione e fondamento
quindi cieca e senza possibilità di soddisfacimento
alcuno/
fingendo che l'inganno basti a star bene
mi ritrovo ad avere come letto una panchina
ed una sveglia con la divisa
che mi intima di alzarmi da lì
alla svelta//

la notte è distante. distantissima/
e tace//

il giorno è un varco di frontiera,
una foresta di luci al neon
alimentate a reazioni nucleari/
luci che si dibattono penetrando
il fumo, e tutto si riflette
in pareti di specchi/
come schiere di strobo che m'ingoiano
gli occhi/
una culla di rumore bianco, una
ferita al buio che non
ho modo di rimarginare/
perciò deve venire la notte:
è lì che devo andare
a costo di lasciarci
la vita//


mi ci manderanno un giorno di questi
al gabbio dei matti sul serio,
ma non stamani/
mi lasceranno appassire
un altro poco per i fatti miei
in questa voragine sociale bianca
opaca lunga e senza corrimano/
devo ripercorrerla tutta
dal verso opposto, dal blu
al nero e ritorno/
in questa umanità fatta di mani
e di domani, di serranti domande
e di serrande io mi disperdo/
mi dispero a constatare le
nostre disperazioni e le speranze
e le onoranze//

voci e morti ed equivoci mi rincorrono/
mi anticipano, mi precorrono
e mi percorrono di continuo/
voci a fiumi sul tuo conto, talvolta
addirittura sul "nostro", del resto
il giorno è questo/
d'altro canto non comprendo che sia
il vero/
lì fuori le lingue mi uccidono, qui l'inedia
dell'attesa quindi che venga tu
notte, dolce notte, a spazzare via
tutto questo chiacchierio insensato/

oh notte. dolce notte/
torna. vieni/
che ti devo incontrare//


in fondo il rischio è assente/
che senso ha un giorno che mi lascia
il gusto del sangue in bocca e mi costringe
alla paura tanta è la luce che non posso
sopportare?//









Diamoci senza pensarci troppo


Scanalatura intorno ad un trench con viscere di raso
il suo eyeliner
solco d’aratro nero
lei
che ondeggia e oscilla
ardente
tra agguerriti bucanieri

Vi prego, voglio venire in pista!
fate scendere le luci
gettate la polvere delle rose su di uno scisto
zigzaghiamo

vieni qua madamigella stretta
vieni qua coi tuoi occhi di cielo
vieni qua che ti farò promesse che non posso
vieni qua e ti farò sponda tra i manigoldi
issandoti tra momenti di gloria
tra film sbiaditi senza dissolvenza al nero
vieni qua e sputeremo via l’inverno

ti ricordi di me?
sono il cerbiatto
che sorrideva tra le foglie
che calpestava la sabbia
provando a far nascere fiori di plastica
sono il marinaio
che faceva tintinnare i tuoi bracciali
su di una petroliera Texaco
sono lo swing
e i caffè in spiaggia

vieni qua
che ho da confessarti un segreto superlativo
le parole
hanno il difetto di essere parole
e se si riuniscono in concetti
sono insopportabili
quindi
parlami a vanvera
per favore
perché
il nostro tempo
sta terminando

domenica 23 settembre 2012

°


Se grattandomi l'occhio restavo il libro non lo diceva
se scontenta delle caviglie nei piedi camminavo il centro 
del discorso erano le scale. se fuori si continuava a passare
quelli vendevano cose. se che cosa restava dei passi, che cosa
diceva di dire che cosa restava di dietro?






sabato 22 settembre 2012

BLUTGERINNSEL





[Crypto, Jose Parla, 2007]



dove vanno a morire le zanzare
nel ronzio di un cielo svenato
che sanguina giugulare l'autunno?

dove portano ad evacuare
il coagulo che'è dentro
i loro esili corpi?

dove vanno i fastidi estivi
a spegnersi?

forse dove la fanfara
del carnevale
cessa e si fa il gelo,
dove il flusso si fa grumo
e l'umore
sangue morto?


un freddo certo,
straziante.





domenica 16 settembre 2012

2 CHEAP SOUVENIRS FROM RHODES

1522

Le navi da crociera li vomitano a un'ora
Compresa fra le 9 e le 10 del mattino,
Questi turisti intristiti, pancia-piena
Che espugnano Rodi ogni giorno
Scattando foto distratte a tutto,
E spesso per fare prima
Non alzano neanche la tes-
ta dai tas-
ti del cellulare.

(E a dirla tutta a me
Quasi fanno pena,
Fra l'odore di sudore &
Tutti quei ricordini cheap).


((In ogni caso, i Dori
Li avrebbero buttati tutti
Senz'altro giù dal Taigeto
& insomma non hanno altro
Che da ringraziare l'Agnostos
Ad essere nati postumi
In posti tipo Tampa o Boston)).

Una cultura ginnasiale

E noi?
Noi qui siamo in ferie e viviamo, diciamo, al 10%:
"Anche oggi gyro-pita a Pitagora?"
"Negroni o Margarita?"
"Chica, se ti ca-
pita stasera, ci trovi dopo cena
A bere al Nostàlgia Bar".

Eppure se non ci ricordiamo
Il nome del famoso scultore
Ci rabbuiamo e restiamo
A testa bassa per ore,
Finché alla fine a qualcuno
Non viene in mente, & lo esclama
Con un sollievo cattivo,
Come fossimo ancora al classico
& non avessimo impiegato dieci anni
A cercare di dimenticarcelo

sabato 15 settembre 2012

UNA VITA TRANQUILLA








conduco una vita tranquilla,
tutta trascorsa in coda
o parcheggiato di fronte ad uno schermo
a colori
guardando i campioni nati
e i francesi drogati di manie
& di leggende sull'europa del sud-est.
ero un ragazzo "americano",
mio padre vendeva articoli sportivi
& ci portava a casa maglie da pallacanestro
delle squadre nba o soldatini di
plastica colorata: io prendevo gli indiani,
erano i più cazzuti perché toro seduto
aveva la faccia da pazzo, e stava, non
ho mai capito perché, in piedi tutto il tempo.


sarei diventato boy scout, ma le uniformi
mi hanno sempre messo ansia: volevo
imparare a fare i nodi con le corde e a tirare
con la fionda addosso al culo grasso del prete
invece mi sono ritrovato attorno al fuoco a
cantare e ho pensato che prima che mi avessero
lasciato usare un coltellino ne sarebbe passato
di tempo e ho deciso di lasciar perdere.
quei canti sull'amicizia & sulla bellezza della vita
mi facevano venir voglia di prendere a calci
il tipo con la chitarra,
così mi sono messo in proprio.


mi credevo tom sawyer,
immaginandomi il mississipi, pescando
grossi pescegatti sulle rive del bacchiglione,
e una bici da corsa per la fuga
alle cinque di pomeriggio
o alle cinque di mattina,
indugiando sotto portici solitari.


ho visto atterrare elicotteri
sui tetti di hotel a 5 stelle
padanland & non ho mai visto
un angelo, soprattutto
dentro ai negozi tuttoauneuro;
ho affettato cipolle per ministri & accompagnatrici. 
sono sbarcato in normalandia assieme ad un
esercito educato ad edulcoranti,
ho visto piloti siriani schiantarsi in
nuvole di fuoco & polvere viola
a mezzogiorno,
ad un convegno di anarchici,
contro tutti i vaschi conosciuti
e letto un'autobiografia postuma di
valeria marini.


ho visto il terrore degli industriali e
la parata dei netturbini marciare
dietro i disinvolti slogan sindacali;
non sono mai stato da harrods e
non metto piede dentro un mcdonald
da un bel pezzo & a dire il vero non
ho proprio alcuna intenzione di andarci
quando nevicherà per sentirmi più
"natalizio", sorseggiando coca cola
seduto su sedie di plastica mangiando il
mio panino alle frattaglie, sorbendomi
l'ennesima messa in onda di quel pezzo
degli wham, stando con le borse della
spesa a rimuginare su altri cazzo di regali
da fare col dilemma: avrò dimenticato qualcuno?


ho sentito le urla di caporetto e degli uomini
crepati dentro il ventre di una petroliera
porto marghera, ho consolato mio padre
e le sue lacrime quando il suo socio se n'era
scappato in nordafrica con i nostri soldi &
i tizi del monte dei pegni venivano a farci
visita minacciando di portarsi via tutto.
ma mi piace qui dopotutto, è da dove vengo.
e non c'è davvero nessun posto come casa,
finché hai ancora un letto in cui dormire
hai il culo coperto e tutto sommato
la vera disperazione è lontana.


ho viaggiato tra gente sconosciuta &
con noah sull'arca assieme a donnole e volpi
rabbiose mentre stavano ricostruendo roma
in un giorno e le colombe volavano in
alto sui colli della città eterna, bianche,
& in vagoni di treno seconda classe in direzione del sud
al fianco di donne bellissime.
sono stato con la donna che ride nei parchi
divertimento, in una gran tempesta di pioggia.
ho udito l'eco di orge gorgogliare nella notte,
ho vagato solitario.


conduco una vita tranquilla,
tutto il giorno a guardare il mondo che passa.
una volta avevo persino cominciato a mettermi in sesto,
quello che noi uomini chiamiamo "sistemarsi",
era una "storia seria", lei era isterica io
ero folle e tutto fuori di me,
mi sono procurato un bel esaurimento nervoso
& così è finita quasi subito come succede con il sapore artificiale di
 una gomma da masticare.


ho ingaggiato scontri e incontri nel silenzio
puro, ho compreso cosa volessero dire simon & paul
e cosa intendesse dave, di cosa stesse parlando.
sono scappato troppo vicino al sole:
cerco il mio vecchio uomo,
cerco il nuovo perduto;
voglio che i giovani uomini siano esploratori,
che siano esplosioni luminose di colori, prismi
di passione & abbracci.
ma questo a scuola non lo dicono &
sono così stanco di questo grembo.
ho lavorato, sofferto, travisato,
ho visto messe di massa e la strage di massa.
ho udito la predica di un vecchio trombone
filtrata attraverso delle lenzuola
voiles di debussy sott'acqua.


ho dormito in decine e decine di isole materasso
nell'arcipelago dei paesi cuscinetto.
ho ascoltato gli uccelli cantare,
e il canto degli uccelli,
ho indossato calzoni a vita alta a testa bassa,
ho vissuto in centinaia di città segrete
con vista sugli attici più in basso
& i grattacieli, gli incroci, il traffico delle
strade, le teste dei passanti.
è passato molto tempo da quando facevo
la pecora al bar di S., tutto il giorno a farmi pascere,
i miei compari e me; e a dir la verità
è in quel periodo che ho sviluppato una
dipendenza da campari & altre cosucce.
non ho mai letto il reader's digest
né dovuto identificare qualcuno da vicino
nascosto da uno specchio o dietro una moneta.
leggo offerte di lavoro stampate su banconote
da 500 € nuove di zecca e cerco
una porta introvata.


mi smarrisco a cercare fra gli annunci
delle pagine gialle & l'anima mi va in collera;
comprendo gli sbagli dell'umanità ma
non so più chi ascoltare dentro questo fottuto
caos di voci starnazzanti; tendo l'orecchio
ancora, in ogni caso, aspettando una voce gentile.
mi turo il naso, sempre più di frequente
ma non ho mai votato il mio cuore a nessuna causa
in particolare che non fosse la mia.
in ogni caso il mio cuore è nudo e i saluti alla bandiera
non mi dicono niente.
io attendo la voce gentile, la tregua immensa,
un petto candido di pallore, puro.


vedo che asciugano laghi e costruiscono dighe;
tirano su gru alte come grattacieli & impalcature,
tengono bombe a mano sul comodino per
questioni di sicurezza & caschi & giubbotti
anticoncezionali.
ho visto la balena bianca.
vedo che sta arrivando un'altra sporca guerra,
e io non la combatterò.
ho letto una scritta a pennarello verde
sulla porta di un cesso che frequentavo
spesso che porta minacce di morte
indirizzate a mio nome.
ora l'hanno cancellata e tutt'ora non so
chi fosse stato ma riesco ad immaginarlo.
ho aiutato io stesso quel tizio,
 chiunque esso sia, a scriverla, non
direttamente ma attraverso una donna, suppongo:
lui era pazzo di lei, ma io questo mica
lo sapevo.


ho soffiato in tubi emttendo suoni
di acqua che gorgoglia come succede
all'oceano che si fa fare la barba dagli
scafi dei piroscafi o dai capodogli & diventa
tutto schiuma e flutti poderosi.
sono stato in cerca del mio cane fra cani come me;
tra cani ecco.
 cani che percorrono il mondo.
 ho tracannato litri di gin tonic e caraffe
di vodka alla goccia; l'alcool è una cataratta d'oblio
celeste, ecco tutto.
e sì: me la sono fatta sotto spesso,
ma proprio nei pantaloni.


ho camminato lungo stradine,
ho visto centinaia di furgoni del latte spinti
a mano, goya non li ha mai dipinti.
ho viaggiato per autostrade messo di traverso
attraversando le piane di jesi & la jersey shore,
ho rotolato nel fango delle selve beriche con
donne iberiche dagli occhi rubino & la
carne che bolle.
ho guidato una station wagon blu & le avevamo
addirittura dato un nome; l'ho anche presa a calci
saltando sul tettuccio come una scimmia con dei
miei compari, davanti ad una bar rimasto fermo al 1974;
ho pisciato in posaceneri & nel lavandino.
mi sono fermato al mcdrive, ma solo per sboccare
addosso al citofono per le ordinazioni.
quello ero io.

ho sofferto,
non sono più americano e non ho mai ostentato, mi
fulmini il cielo, il mio dolore in pubblico.
mi sono fatto da solo.
anche in compagnia.
e sono in fila. un'altra fila. sfilze di file tutta la vita.
ho fatto code per ogni tipo di attesa.
forse mi trasferirò,
sono solo provvisoriamente un matto disegnato
a matita.
sono un buon diavolo, ma non si tratta neanche di
questo per il mio capo né per i miei amici più intimi.
al bar di Berto tutti i giorni.
sono una parte.


ho errato in boschi notturni, ho scritto
storie folli su carta solo per il gusto di
vederle bruciare nel fuoco.
quello sono io.
ho sempre amato alla follia.
ho sofferto, come molti, nè più nè meno del
resto delle persone, comodamente seduto su
divani scomodi.
sono una montagna bassa e limata; uno da mischia,
e mi piacerebbe poter dire di avere inventato
l'alphabeat o di saper scrivere lettere
con i piedi. sono una parola dietro un'altra parola.
sono una collina che brucia senza tregua dal
mattino all'ora del crepuscolo.
sono inarticolato.
ho avuto paura di perdere tutti i denti & di
tagliarmi le mani in modi irreversibili & non
poter più raccontare la storia. una almeno.
sono un suonatore lento steso sulla riva del mare
mezzo morto, sonnolento, ma che sta suonando ancora
& cristo! tiene duro.


io sono stato le onde. e occhi estranei mi hanno rubato
l'anima per un attimo, come se ci stessimo scambiando
le parti confondendoci attraverso i confini della tetradimensione.
ho udito il suono dell'estate sulle labbra di una
donna che ride, in pieno inferno.
ho visto ragazze sul lungomare, comprendo le loro
esitazioni ed ostinazioni.
ho visto come i baci rischiano di incantarti, accartociandoti
come una rampicante rattrapito senza spina dorsale
incartato addosso tronchi altrui, come scheletri
esterni; ti succhiano il midollo delle ossa da dentro
e ti si sciolgono le gambe & ne vuoi ancora & sempre ancora.


ho visto la vergine
san giovanni indicare il secondo battista, la chitarra solista.
ho contemplato una vergine
 & ho visto venere,
e udito una sirena cantare in via delle belle arti,
mentre stavo pisciando addosso alle colonne sotto
i portici nei pressi delle "belle parti".
gli ambienti, come si dice,
dell'alt(r)a società.
ho conosciuto donne senza pietà
che non parlavano affatto inglese &
avevano una voce rauca.
io ero anche loro.
e loro erano me.


conduco una vita tranquilla,
al bar di whollallah tutti i giorni a
fare la scena del minestrone e bere birre
doppio malto "da barboni",
come seguita a chiamarle Christo, le più buone.
ho letto da qualche parte, però ho dimenticato.
ma quello, sono io.
e dovrei starmene zitto una buona volta, o decidermi
a parlare sul serio, nel sonno.
ho vissuto nel sogno & nel bisogno.
ho dormito e vendemmiato né ho mai praticato
la vendetta né tantomeno visto passare i quattro
cavalieri su carriarmati ad idrogeno.
ho urlato e nonostante tutto, ho ancora un grido
dentro; infinito & inesauribile che mi preme
la gola.


quello ero io, e questo sono, posso dire con certezza che non sarò
mai un venditore di polizze.
e tutto sommato una vita tranquilla è una morte a rate
che non sono disposto a pagare, che mutui
per avere il diritto di stare al mondo non ne
voglio mica fare.