POST HIT: UNA VITA TRANQUILLA

sabato 15 settembre 2012

UNA VITA TRANQUILLA








conduco una vita tranquilla,
tutta trascorsa in coda
o parcheggiato di fronte ad uno schermo
a colori
guardando i campioni nati
e i francesi drogati di manie
& di leggende sull'europa del sud-est.
ero un ragazzo "americano",
mio padre vendeva articoli sportivi
& ci portava a casa maglie da pallacanestro
delle squadre nba o soldatini di
plastica colorata: io prendevo gli indiani,
erano i più cazzuti perché toro seduto
aveva la faccia da pazzo, e stava, non
ho mai capito perché, in piedi tutto il tempo.


sarei diventato boy scout, ma le uniformi
mi hanno sempre messo ansia: volevo
imparare a fare i nodi con le corde e a tirare
con la fionda addosso al culo grasso del prete
invece mi sono ritrovato attorno al fuoco a
cantare e ho pensato che prima che mi avessero
lasciato usare un coltellino ne sarebbe passato
di tempo e ho deciso di lasciar perdere.
quei canti sull'amicizia & sulla bellezza della vita
mi facevano venir voglia di prendere a calci
il tipo con la chitarra,
così mi sono messo in proprio.


mi credevo tom sawyer,
immaginandomi il mississipi, pescando
grossi pescegatti sulle rive del bacchiglione,
e una bici da corsa per la fuga
alle cinque di pomeriggio
o alle cinque di mattina,
indugiando sotto portici solitari.


ho visto atterrare elicotteri
sui tetti di hotel a 5 stelle
padanland & non ho mai visto
un angelo, soprattutto
dentro ai negozi tuttoauneuro;
ho affettato cipolle per ministri & accompagnatrici. 
sono sbarcato in normalandia assieme ad un
esercito educato ad edulcoranti,
ho visto piloti siriani schiantarsi in
nuvole di fuoco & polvere viola
a mezzogiorno,
ad un convegno di anarchici,
contro tutti i vaschi conosciuti
e letto un'autobiografia postuma di
valeria marini.


ho visto il terrore degli industriali e
la parata dei netturbini marciare
dietro i disinvolti slogan sindacali;
non sono mai stato da harrods e
non metto piede dentro un mcdonald
da un bel pezzo & a dire il vero non
ho proprio alcuna intenzione di andarci
quando nevicherà per sentirmi più
"natalizio", sorseggiando coca cola
seduto su sedie di plastica mangiando il
mio panino alle frattaglie, sorbendomi
l'ennesima messa in onda di quel pezzo
degli wham, stando con le borse della
spesa a rimuginare su altri cazzo di regali
da fare col dilemma: avrò dimenticato qualcuno?


ho sentito le urla di caporetto e degli uomini
crepati dentro il ventre di una petroliera
porto marghera, ho consolato mio padre
e le sue lacrime quando il suo socio se n'era
scappato in nordafrica con i nostri soldi &
i tizi del monte dei pegni venivano a farci
visita minacciando di portarsi via tutto.
ma mi piace qui dopotutto, è da dove vengo.
e non c'è davvero nessun posto come casa,
finché hai ancora un letto in cui dormire
hai il culo coperto e tutto sommato
la vera disperazione è lontana.


ho viaggiato tra gente sconosciuta &
con noah sull'arca assieme a donnole e volpi
rabbiose mentre stavano ricostruendo roma
in un giorno e le colombe volavano in
alto sui colli della città eterna, bianche,
& in vagoni di treno seconda classe in direzione del sud
al fianco di donne bellissime.
sono stato con la donna che ride nei parchi
divertimento, in una gran tempesta di pioggia.
ho udito l'eco di orge gorgogliare nella notte,
ho vagato solitario.


conduco una vita tranquilla,
tutto il giorno a guardare il mondo che passa.
una volta avevo persino cominciato a mettermi in sesto,
quello che noi uomini chiamiamo "sistemarsi",
era una "storia seria", lei era isterica io
ero folle e tutto fuori di me,
mi sono procurato un bel esaurimento nervoso
& così è finita quasi subito come succede con il sapore artificiale di
 una gomma da masticare.


ho ingaggiato scontri e incontri nel silenzio
puro, ho compreso cosa volessero dire simon & paul
e cosa intendesse dave, di cosa stesse parlando.
sono scappato troppo vicino al sole:
cerco il mio vecchio uomo,
cerco il nuovo perduto;
voglio che i giovani uomini siano esploratori,
che siano esplosioni luminose di colori, prismi
di passione & abbracci.
ma questo a scuola non lo dicono &
sono così stanco di questo grembo.
ho lavorato, sofferto, travisato,
ho visto messe di massa e la strage di massa.
ho udito la predica di un vecchio trombone
filtrata attraverso delle lenzuola
voiles di debussy sott'acqua.


ho dormito in decine e decine di isole materasso
nell'arcipelago dei paesi cuscinetto.
ho ascoltato gli uccelli cantare,
e il canto degli uccelli,
ho indossato calzoni a vita alta a testa bassa,
ho vissuto in centinaia di città segrete
con vista sugli attici più in basso
& i grattacieli, gli incroci, il traffico delle
strade, le teste dei passanti.
è passato molto tempo da quando facevo
la pecora al bar di S., tutto il giorno a farmi pascere,
i miei compari e me; e a dir la verità
è in quel periodo che ho sviluppato una
dipendenza da campari & altre cosucce.
non ho mai letto il reader's digest
né dovuto identificare qualcuno da vicino
nascosto da uno specchio o dietro una moneta.
leggo offerte di lavoro stampate su banconote
da 500 € nuove di zecca e cerco
una porta introvata.


mi smarrisco a cercare fra gli annunci
delle pagine gialle & l'anima mi va in collera;
comprendo gli sbagli dell'umanità ma
non so più chi ascoltare dentro questo fottuto
caos di voci starnazzanti; tendo l'orecchio
ancora, in ogni caso, aspettando una voce gentile.
mi turo il naso, sempre più di frequente
ma non ho mai votato il mio cuore a nessuna causa
in particolare che non fosse la mia.
in ogni caso il mio cuore è nudo e i saluti alla bandiera
non mi dicono niente.
io attendo la voce gentile, la tregua immensa,
un petto candido di pallore, puro.


vedo che asciugano laghi e costruiscono dighe;
tirano su gru alte come grattacieli & impalcature,
tengono bombe a mano sul comodino per
questioni di sicurezza & caschi & giubbotti
anticoncezionali.
ho visto la balena bianca.
vedo che sta arrivando un'altra sporca guerra,
e io non la combatterò.
ho letto una scritta a pennarello verde
sulla porta di un cesso che frequentavo
spesso che porta minacce di morte
indirizzate a mio nome.
ora l'hanno cancellata e tutt'ora non so
chi fosse stato ma riesco ad immaginarlo.
ho aiutato io stesso quel tizio,
 chiunque esso sia, a scriverla, non
direttamente ma attraverso una donna, suppongo:
lui era pazzo di lei, ma io questo mica
lo sapevo.


ho soffiato in tubi emttendo suoni
di acqua che gorgoglia come succede
all'oceano che si fa fare la barba dagli
scafi dei piroscafi o dai capodogli & diventa
tutto schiuma e flutti poderosi.
sono stato in cerca del mio cane fra cani come me;
tra cani ecco.
 cani che percorrono il mondo.
 ho tracannato litri di gin tonic e caraffe
di vodka alla goccia; l'alcool è una cataratta d'oblio
celeste, ecco tutto.
e sì: me la sono fatta sotto spesso,
ma proprio nei pantaloni.


ho camminato lungo stradine,
ho visto centinaia di furgoni del latte spinti
a mano, goya non li ha mai dipinti.
ho viaggiato per autostrade messo di traverso
attraversando le piane di jesi & la jersey shore,
ho rotolato nel fango delle selve beriche con
donne iberiche dagli occhi rubino & la
carne che bolle.
ho guidato una station wagon blu & le avevamo
addirittura dato un nome; l'ho anche presa a calci
saltando sul tettuccio come una scimmia con dei
miei compari, davanti ad una bar rimasto fermo al 1974;
ho pisciato in posaceneri & nel lavandino.
mi sono fermato al mcdrive, ma solo per sboccare
addosso al citofono per le ordinazioni.
quello ero io.

ho sofferto,
non sono più americano e non ho mai ostentato, mi
fulmini il cielo, il mio dolore in pubblico.
mi sono fatto da solo.
anche in compagnia.
e sono in fila. un'altra fila. sfilze di file tutta la vita.
ho fatto code per ogni tipo di attesa.
forse mi trasferirò,
sono solo provvisoriamente un matto disegnato
a matita.
sono un buon diavolo, ma non si tratta neanche di
questo per il mio capo né per i miei amici più intimi.
al bar di Berto tutti i giorni.
sono una parte.


ho errato in boschi notturni, ho scritto
storie folli su carta solo per il gusto di
vederle bruciare nel fuoco.
quello sono io.
ho sempre amato alla follia.
ho sofferto, come molti, nè più nè meno del
resto delle persone, comodamente seduto su
divani scomodi.
sono una montagna bassa e limata; uno da mischia,
e mi piacerebbe poter dire di avere inventato
l'alphabeat o di saper scrivere lettere
con i piedi. sono una parola dietro un'altra parola.
sono una collina che brucia senza tregua dal
mattino all'ora del crepuscolo.
sono inarticolato.
ho avuto paura di perdere tutti i denti & di
tagliarmi le mani in modi irreversibili & non
poter più raccontare la storia. una almeno.
sono un suonatore lento steso sulla riva del mare
mezzo morto, sonnolento, ma che sta suonando ancora
& cristo! tiene duro.


io sono stato le onde. e occhi estranei mi hanno rubato
l'anima per un attimo, come se ci stessimo scambiando
le parti confondendoci attraverso i confini della tetradimensione.
ho udito il suono dell'estate sulle labbra di una
donna che ride, in pieno inferno.
ho visto ragazze sul lungomare, comprendo le loro
esitazioni ed ostinazioni.
ho visto come i baci rischiano di incantarti, accartociandoti
come una rampicante rattrapito senza spina dorsale
incartato addosso tronchi altrui, come scheletri
esterni; ti succhiano il midollo delle ossa da dentro
e ti si sciolgono le gambe & ne vuoi ancora & sempre ancora.


ho visto la vergine
san giovanni indicare il secondo battista, la chitarra solista.
ho contemplato una vergine
 & ho visto venere,
e udito una sirena cantare in via delle belle arti,
mentre stavo pisciando addosso alle colonne sotto
i portici nei pressi delle "belle parti".
gli ambienti, come si dice,
dell'alt(r)a società.
ho conosciuto donne senza pietà
che non parlavano affatto inglese &
avevano una voce rauca.
io ero anche loro.
e loro erano me.


conduco una vita tranquilla,
al bar di whollallah tutti i giorni a
fare la scena del minestrone e bere birre
doppio malto "da barboni",
come seguita a chiamarle Christo, le più buone.
ho letto da qualche parte, però ho dimenticato.
ma quello, sono io.
e dovrei starmene zitto una buona volta, o decidermi
a parlare sul serio, nel sonno.
ho vissuto nel sogno & nel bisogno.
ho dormito e vendemmiato né ho mai praticato
la vendetta né tantomeno visto passare i quattro
cavalieri su carriarmati ad idrogeno.
ho urlato e nonostante tutto, ho ancora un grido
dentro; infinito & inesauribile che mi preme
la gola.


quello ero io, e questo sono, posso dire con certezza che non sarò
mai un venditore di polizze.
e tutto sommato una vita tranquilla è una morte a rate
che non sono disposto a pagare, che mutui
per avere il diritto di stare al mondo non ne
voglio mica fare.



1 commento:

  1. Edo! Senza esagerare, una delle robe più belle che abbia letto in vita mia. Grazie

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