POST HIT: OH NOTTE. DOLCE NOTTE.

lunedì 8 ottobre 2012

OH NOTTE. DOLCE NOTTE.




[ Savas Ozay, "Storm"]





il giorno è un gabbio abbagliante
di abbaini abbaianti e finestre
luminose fatte di contorni solidi
e confini chiari/
anche per le tue labbra ebbre
di tenebra così tenere blu-notte
è troppo lucido il risveglio
qui/
in piramidi di luci sfarzose
babele di televisori accatastati
che hanno allattato generazioni
allettate dalla comparizione//

la notte è distante. distantissima/
e tace//

un'apparizione//

fa male continuare a procedere
tentando a stento di battere
la distanza/
riguadagnar terreno, come si
dice, progredendo, addentando
in-avanti, aggredendo/
a tentoni nell'accecante riverbero
di luci/
sempre ritorno sui miei passi
ricacciato al fondo,
nella fame//

mi ci manderanno un giorno di questi
al gabbio dei matti sul serio,
ma non stamani/
mi lasceranno ammattire
un altro poco per i fatti miei
in questo tunnel di luce bianca
opaca lungo e senza corrimano/
devo ripercorrerlo tutto
dal verso opposto, dal blu
al nero e ritorno//

la notte sbatte. distante//

balconi di città murate
ettolitri di anni luce
in chilogrammi di solitudine
mi aspettano lì in fondo/
ridiscenderò come una furia
all'assalto, assediando le
porte chiuse con la foga
di un ariete/
ancora non so che troverò
una volta lì, dall'altra parte//

fa male continuare a cercare
di precedere la propria parte
peggiore tentando di batterla
sul tempo/
ferendola, anticipandola,
col solo desiderio di mutilarla/
nella consapevolezza che
attentare alla sua stessa esistenza
significherebbe spazzare via tutto,
rendendo ogni sforzo vano/
pretendere di digerire gomitoli
di merda senza neanche una bottiglia
di buon vino è davvero straziante//

il mostro è la nostra lucida insignificante
sobrietà//

oh notte. dolce notte/
torna. vieni/
che ti devo affrontare//

meglio morire in te bruciando
che svanire nella luce morbida
dei cieli blu, con una sempreverde
cera blues da depre spalmata
sulle palpebre/
dando e depredando esistenze qui
e là, programmando astinenze continenze
attuando niente più che attenuazioni
di una sete priva di ragione e fondamento
quindi cieca e senza possibilità di soddisfacimento
alcuno/
fingendo che l'inganno basti a star bene
mi ritrovo ad avere come letto una panchina
ed una sveglia con la divisa
che mi intima di alzarmi da lì
alla svelta//

la notte è distante. distantissima/
e tace//

il giorno è un varco di frontiera,
una foresta di luci al neon
alimentate a reazioni nucleari/
luci che si dibattono penetrando
il fumo, e tutto si riflette
in pareti di specchi/
come schiere di strobo che m'ingoiano
gli occhi/
una culla di rumore bianco, una
ferita al buio che non
ho modo di rimarginare/
perciò deve venire la notte:
è lì che devo andare
a costo di lasciarci
la vita//


mi ci manderanno un giorno di questi
al gabbio dei matti sul serio,
ma non stamani/
mi lasceranno appassire
un altro poco per i fatti miei
in questa voragine sociale bianca
opaca lunga e senza corrimano/
devo ripercorrerla tutta
dal verso opposto, dal blu
al nero e ritorno/
in questa umanità fatta di mani
e di domani, di serranti domande
e di serrande io mi disperdo/
mi dispero a constatare le
nostre disperazioni e le speranze
e le onoranze//

voci e morti ed equivoci mi rincorrono/
mi anticipano, mi precorrono
e mi percorrono di continuo/
voci a fiumi sul tuo conto, talvolta
addirittura sul "nostro", del resto
il giorno è questo/
d'altro canto non comprendo che sia
il vero/
lì fuori le lingue mi uccidono, qui l'inedia
dell'attesa quindi che venga tu
notte, dolce notte, a spazzare via
tutto questo chiacchierio insensato/

oh notte. dolce notte/
torna. vieni/
che ti devo incontrare//


in fondo il rischio è assente/
che senso ha un giorno che mi lascia
il gusto del sangue in bocca e mi costringe
alla paura tanta è la luce che non posso
sopportare?//









Nessun commento:

Posta un commento