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mercoledì 9 marzo 2011

SIGNORE! AIUTAMI A SOPRAVVIVERE A QUESTO AMORE LETALE







All’improvviso, senza che riuscissimo
a disserrare le palpebre per darci il primo bacio
per la seconda volta,
come una donna isterica, una canzone ancora stridente
dal ritmo che arranca, lei venne
a spalancare le porte ridendo;
le porte chiuse dietro le quali c’eravamo ritirati
in stanze di specchi e cristalli denti di luce
bianca quando tutto pareva filtrato da barriti
lunghi [provenienti da echi a nastro] che scivolavano
lenti al modo di tappeti trascinati per ore
[come cavalli da lavoro a tre gambe]
ed eravamo assieme ma sempre troppo
occupati, ventotto anni spesi ad aspettare,
pareva che dovesse succedere tutto in ogni momento
ma non accadeva mai niente.

Invece. Era Novembre appena. Lei venne,
a sfondare le vetrine stanandoci fuori. All'aperto.
Dei ragazzini stavano tirando sassolini al muro
dalla strada: le piccole pietre s’infrangevano sulla
superficie verticale battendo colpi dal suono sordo.
Gli alberi. E ancora i nostri sogni congelati risvegliarsi.
I mandolini lontani persi nel riverbero.
Li potevamo sentire fiorire piano e salire,
montare e crescere sempre più forte
fin quasi sul punto di svuotarsi.
Pronti ad esplodere. Visioni!

Come uno schiaffo di sole aveva afferrato per i capelli
le nostre teste, le sue labbra brillavano
[tutta la città riversata nelle piazze].
Come una bocca da fuoco aveva fatto cataste dei
vetri scaraventandoli nell’aria, e questi si erano
tutti frantumanti scagliati contro il cielo, impigliatisi
come gemme fra i rami dei pioppi bianchi spogli.
Prismi deflagranti di chiarore. Visioni!

E vidi. E vedemmo tutti.
E ci demmo il nostro primo bacio per seconda volta.
Fu allora che guardai diritto avanti a me e lessi una
scritta, sul costone del divisorio.
Sotto di quella due uomini si stavano baciando
[ci sono dei rimedi che sono peggio della malattia]
e la dicitura era in russo. E piansi.



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