UKE TIL U PUKE |
Devo vomitare, sul serio.
Il lavoro vero al giorno
d'oggi a quanto pare è vendere l'arte a colpi di social,
fare la strada verso le feste ai club con aria
distratta
ripetendo fra sé, fra "amici", frasi tipo:
- che noia la noia, mi sa che sarà un po' una noia,
io sono un po' in paranoia e
sono ancora in haaaaaaaangover
dall'after-party dell'after-show dei Caribou,
che poi io li ascoltavo
prima che diventassero un fenomeno commerciale,
che adesso se li ascoltano cani e porci ed
io ed io, io cazzo, a me la chillwave fa cacare, voglio qualcosa di stupefacente -
La barella è un must, l'ero in rialzo.
Benvenuti nel "millennio della droga".
Questo pronostico l'avevo letto da qualche parte in un
libro scritto
da uno psicoterapeuta francese che si era rotto il
cazzo d'esercitare,
ha mollato tutto e si è ritirato a farsi di acido
sulle montagne
dell'India del Nord.
Credo sia ancora lì a vedere il cielo cacare
arcobaleni laser;
comunque il suo vaticinio risale al 1979.
Non esattamente quello che si dice un
grande profeta.
Also sprach Zarathustra.
Aujourd'hui se non bevi succo di pera con l'emmedì sei un vecchio bastardo.
È un passatempo modaiolo.
Intanto che ci si prepara a
soffrire, a fare i "bravi soldatini",
tutto ha la forma di una voragine bianca d'ennui.
Rigorosamente ben vestiti, in ogni caso.
Cani e porci che ballano su I Cani facendo i porci in pista pista pista
ad una festa festa festa
indie-dreamwave-fettucine-taranta-hip-punkster-noise.
Giusto poco prima che arrivi Last
Nite.
O l'ultimo pezzone nu techno.
O, perchè no? L'ultima tamarrata
electro tedesca.
Festa che vai pasta che trovi.
Il lavoro vero a quanto ho capito è
fregare l'after-shave a tuo papà
per odorare di buono per la fica di turno, s’intende;
fare i fissi, fare
i blogger, darsi un tono,
spacciarsi per poeti, scrittori,
registi, l'importante è non far niente sul serio:
- avevo cominciato ingegneria, ma era troppo pesa,
così mi sono iscritto a comunicazione a Ferrara,
da paura vecchio, è che io adesso lì sto bene,
prima mi trovavo male adesso io sto bene,
io sto bene, io sto bene, io sto bene, io sto bene
-
Devo vomitare.
Devo vomitare miti,
fare strage di pattume,
e non ho ancora sviluppato un criterio adatto a
discernere.
Un piatto che è sul punto di rompersi suona vuoto.
Con gli uomini invece è diverso.
Si rompono, ma non c'è modo di avere nessun preavviso.
Vivono in una fanta-realtà fatta d’ipotetica
onnipotenza
psichica e molta solitudine.
Vedo vivide viti (“e voi sarete gli intralci”),
vocaboli triti e ritriti,
cambi d’etichetta al posto di eversioni d’essenza,
ribelli fatti in batteria
che mi fanno (quasi) tenerezza.
- cazzo, sono in after da 7 giorni,
non ho un lavoro ma tanto
io i miei li piscio, in culo loro e il loro vecchiume,
voglio la keta, la figa e boooooooh,
è finita la droga vado a prelevare -
Voglio vomitare in faccia ai mitomani imbarellati che,
parlandomi diffusamente di quanto fica sia la loro
occupazione,
cercano di vendermi un cazzo di lavoro,
addirittura chiedendo dei soldi in anticipo,
(tutto questo tenendo il loro campari in mano)
ché mi puzzano d'inganno, di merda, più che altro
merda.
- sai adesso sono tutti artisti, ma io ma io ma io -
tira su dal naso -
sono diverso, ho davvero qualcosa da dire, facciamo
una cosa tipo, tipo, tipo.. -
E così il cerchio si chiude: siamo tutti dei
ragazzotti sensibilissimi.
Degli artisti.
Lasciatemi bere in pace, questa è l’ultima volta che
lo ripeto.
Devo vomitare, sul serio.
Vomitare sui marciapiedi sotto i portici,
negli antri più bui dei carruggi.
Lungo viali alberati tirati a lucido per la Festa.
In un sottopasso d'una stazione di provincia.
Non importa dove.
Vomitare fuori tutto.
Ora vedo in fronte a me vedove miti (“e voi sarete i
tralicci”),
reverendi invadenti e martiri dovunque,
- mi ci vuole un Martini cocktail -
Devo trovarmi un Dove (il solito problema metafisico)
un Dove cazzo andare, che direzione prendere,
andare oltre il dietro, ritornare nei solchi, dentro fosse
comuni dove sono sepolte le mie
radici
ed accanirmi su di loro come
una furia,
riconciliarmi, delirare, vomitare.
- dove cazzo andiamo stasera?, non c'è mai niente
che posto del cazzo, cazzo, cazzo, voglio un cazzo -
In quella foto ci sei tu, c'è un bacio lesbo, c'è un
baffo fatto con le dita,
c'è una manica di camicia di chissà chi.
E chissenefrega.
Aujourd'hui le minorenni fanno ingoi senza più bisogno che
glielo si chieda.
Le signore divorziate ti pagano per stare steso sui
loro costosi divani in pelle
bianca un paio d'ore, soldi puliti.
E tutto questo è solo ennui. Genuina, pura
noia.
Assoluta. Linda e pinta.
Rigorosamente ben vestita, in ogni caso.
Lindo l'aveva chiamata "una fluida
divinità".
Comunque la si chiami è quella cosa che
ti piomba addosso
come uno sbadiglio.
Dove mi trovo?
Devo vomitare.
Io devo solo vomitare, sul serio.
Dita in gola e fuori tutto.
Prima ci vuole un'altra birra.
Un'altra.
Un'altra.
Una ancora soltanto.
Ed eccomi qui, in
ginocchio, a sputar fuori le budella.
Mentre mi esce di bocca
la nausea, colando giù fin sulla maglietta,
mi vengono in mente le
più belle parole (d'amore?) che mi siano
mai state dette da una donna;
mai state dette da una donna;
ho un sorriso ebete, la
testa galleggia in una brodaglia
blu e "ma da quando ci sei tu tutto questo non c'è più"
ed eccole illuminarsi, le parole in
questione, assolute,
superbe. Proverbiali. Ce le ho sulla punta del naso.
Ed è decisamente meglio che, almeno
queste,
le tenga per me solo.
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