POST HIT: aprile 2012

giovedì 26 aprile 2012

Appunti per un inno

Capannoni a piovere
In deroga ad ogni regola
Qua non abbiamo tempo
Per guardare il paradiso
Dietro i finestrini neri del S.U.V.
Dietro i Ray-Ban
Dietro porte antisfondamento
Detraibili 25%
Qua ci sentiamo sicuri
Non parliamo con i vicini
Girano le ronde
Vige l'ordine
Sulle strade del Nord-Est
Al massimo
Travestiti e nigeriane che battono
O bevi troppo e ti ribalti
Vai a sbattere
Ma uno lo mette in conto
Noi sappiamo rischiare in proprio
Noi la terra promessa dal dio
Del petrolchimico e delle concerie.

...

/Eppure nel cuore del Veneto piccolo-borghese, nella sacrestia d'Italia, trent'anni fa chiunque aveva un amico che si bucava, e che magari moriva lì, lungo disteso in oratorio in un bel pomeriggio d'estate, durante il torneo di calcetto, ché era andato a trovare l'amico animatore parrocchiale./

//Ecco, io sarei favorevole a costruire un monumento alla vittima del miracolo industriale, al milite ignoto del Nordest: il tossico da eroina.//


lunedì 23 aprile 2012

PIANURA PADANA
















P.P. nebbia e disgusto,
cancelli e giovani di buone speranze
P.P. la puttana che sorride, singulti elettrificati
e fari nella notte
P.P. la lotta per farcela
lottizzazioni selvagge, la politica
del mattone
P.P. campi d’asfalto, parcheggi
code d’automobili giù lungo 
il fiume fino alle foci
P.P. voci di urla ed abbaiare
di cani, siepi per la legna
recinzioni, investimenti
decisamente a breve termine
P.P. un vecchio si masturba
alla TV della prima serata
P.P. tipe venute dal nulla
che fanno televisione
P.P. California costa Nordest
cowboy epilettici odianegri
Domenica gioca la squadra si guarda
il partito del pallone
P.P. gli appalti svenduti, le mense piene,
i dentidisega in fila per il metadone
P.P. l’orgasmo rubato, galline sbraitano
da un megafono l’odio;
il Nord è vagamente relativo
P.P. giù giù nelle paludi e su per
le montagne rosse, zanzare,
cacate e ancora recinzioni
P.P. donne frigide, matrimoni scombinati,
opportunità sfruttate sprecate sbiadite
P.P. suonare campanelli, clacson,
sbattere la moglie sul tavolo della cucina
e rifarlo la notte in macchina con una negra
in via delle discordie dietro lo stadio
P.P. il giardino di fronte, il giardino
sul retro, l’orto coltivato a pallottole
P.P. mi comprerò un fucile
P.P. il tuo mare ti specchia sottomarino
mediocre leviatano sornione P.P.
puttana caotica investimenti conto terzi
in terra di nessuno P.P. alta densità & bassa marea
merda che riaffiora a galla galli in pollai larghi 
kilometri quadrati di campi da calcio
P.P. Domenica mattina in chiesa
pomeriggio carte bestemmie e vino
P.P. all’ombra dei campanili
delle strenue moschee, delle giunte leghiste;
mosche che pappano torte di merda


P.P. si farà con quel che si ha
bar di provinciola, cattive vibrazioni, cocaina
a neve sulla notte piana, buia scimmia urlatrice,
abitudine
P.P. i confini dell’impero, le frontiere del mistero
cavalcano ferri veloci
P.P. ferro e fuoco, acqua che sfonda argini, quote
di sottomissione, politiche agricole,
politicanti agricoltori, agriparty
P.P. i cimiteri pieni & gli ospedali
le badanti rumene, le puttane imperiali
P.P. la cura per i dettagli, la vendita al dettaglio,
i palazzi d’ingiustizia
P.P. strade serpenti perse
nella campagna, un’ unica grande città persa
a macchia di leopardo
P.P. tutta un’ enorme periferia bianca P.P.
una banca P.P. il suo primo pompino ad undici
anni appena, la seconda pera a quindici
P.P. le ore di catechismo, il doposcuola,
il preallenamento
P.P. supersuore si ergono in volo, i veli mantelli
eroici di senso comune
P.P. l’alternativa sociale al nulla è il niente
P.P. il fumo mattiniero, il vapore che sale
immobile dai fossi
P.P. i banchi dei templi, i banchi dei mercati,
dei pegni, degli impegni, delle osterie,
degli spaccini che fanno segni
P.P. prepotenza postcontemporanea
P.P. postpotenza precollasso
P.P. nebbia, allevamenti di nebbia
pesce, fumo, alligatori, maiali
P.P. il tuo salame infilato nel ventre
del consumatore
P.P. pompini ma niente sesso
prima del matrimonio
P.P. poteva andare peggio
P.P. il cielo ti spinge giù
affondi, confondi, ti diffondi
P.P. falò in centro
P.P. lucciole & zanzare, puttanieri
fatti di moschicida
P.P. muri alti di recinzione
non uscire non entrare
P.P. terracquea piovra succhia gioventù
P.P. partorita dall’oceano, un’eco di dischi cattivi
e vino nuovo
P.P. farò centro, arruolali P.P. farmacia P.P.
farmaco P.P. piscio che cola dal selciato sotto
i portici
P.P. città d’antenne paraboliche
parabole castigate & caste, sudiciume
P.P. stalle allestite a sale da ballo
P.P. le feste di paese P.P. si vede che è
un parrucca, si nota il trucco
P.P. sprofondi di noia
P.P. anni di sacrifici
P.P. era un così brava persona
mai un torto a nessuno P.P. lo scoutismo,
l’autismo, il pragmatismo
P.P. alta densità bassa fedeltà
P.P. spazi angusti, piazze P.P. parcheggi
multipiano cinema multisala, zone industriali
del divertimento
P.P. prendi il toro per le corna P.P. datti
un tono
P.P. non sei l’America, sei molto più
crudele & non possiedi vasti spazi
P.P. tutto circonvallazioni esterne e canali
inondazioni, palinsesti in onda, TV locali
P.P. la prima sega del mattino
P.P. sul livello del mare
P.P. anche sotto il livello del mare
P.P. l’hai pensato, è l’intenzione che conta,
attenzione distorta, coperta corta
P.P. pattuglie & ronde, rotonde
P.P. teli bianchi su cadaveri ai tuoi incroci,
donne frustrate che si danno per la nausea
P.P. il danno ormai è fatto
P.P. poteva anche andare meglio
P.P. mogli e buoi dei paesi tuoi,
deroghe all’uso di droghe
P.P. mutui lunghi vite (più d’una)
P.P. generazioni mute
P.P. rabbia
P.P. ingoia carne fresca
P.P. cosa diranno ora?
P.P. memoria corta lingua lunga
P.P. complesso abitativo anormale
sconfinata assenza, viva di vite
che succhi ogni ora.
P.P. mai sazia.







mercoledì 18 aprile 2012

Ai margini di Auxilio Lacouture.

C'è Auxilio che resta chiusa a gambe piegate e mutande abbassate dentro il cesso dell'università. Lei, le mutande abbassate e i mocassini gialli. Sono comodi e fuori c'è il Messico e la polizia che sgombera l'università. C'è Auxilio che rimane senza denti ma non senza dignità, dice, e quando parla la mano la mette davanti alla bocca, che pare un parlare da cospiratrice. E lo fa sottovoce. E ci va a letto con i poeti, ogni tanto, se ci sono voglia e occasione.
Saranno occhiate, magari di sbieco e di sfuggita. Altre saranno ferme, e lente. E poi offuscate, soffocate. Il Barocco Ungaretti lo costruiva con i frantumi, con i resti.
Sono fessure che si aprono. Fenditure tra le pieghe. Il sentiero portava dalla palestra all'imbocco della metro. I negri e le malboro rosse a 3 euro. Una volta sul marciapiede per il padiglione E comincia a nevicare. Fatico ad alzarmi il mattino.
Il pannello mobile separa, funziona da isolante quasi. E confonde, confonde molto le idee.

E intrecciarsi di identità, e sempre distinzione, sempre
riproduzione.

Crea distanze troppo lunghe e la scrittura, o la parola, o il gesto, o il pensiero, ne risentono.
Auxilio frequenta le bettole la sera e vaga. Da una stanza all'altra, non si ferma molto.
Il caffè tra le pieghe secche della bocca mentre io avevo le braghe sporche
Arrivata a Domegliara sembrava il finimondo più grigio e basso del mondo, ma abbiam resistito. Anche Auxilio resiste.
In piedi di fronte a una tapparella quando sul muro e sul pavimento c'erano le strisce del sole delle sei, o delle sette, non so.
Passeggiare tra i ponti, i fiumiciattoli e approdare a una piscina senz'acqua.
Il bianco della tua stanza, mi ha investita. Stavo in piedi davanti alla finestra bianca a parlare con degli aspirapolveri giganti, la folla e lo sgombero, le cartacce, i pezzi di nylon, quelli che giocano a frisby.
C'è la colazione sul bancone della cucina che mi aspetta, ma è in un'altra città, c'è un cancelletto che si chiude dietro di me, è grigio e basso e io sprofondo dentro la sciarpa ed esco a capofitto per la via. C'è una finestra che da su una strada trafficata dove passano autobus arancioni e una fila di macchine a fari accesi e piove. Da un'altra parte.
Comincio a spogliarmi, scoprendo per primi i denti.

buonanotte.

Far&Away





Un confine sottile
- inchiostro di china su un velo di carta-
delimita un prima e un dopo.

Prima di accorgerti che tutto quello che hai
sta dentro ad un sacco di plastica nero 110x70
colmo di cose, non oggetti -cose-
I sicari del possedere.
La pioggia ti batte in faccia 
mentre chiudi la porta senza voltarti indietro
e ti senti invincibile,
con i tuoi 9 anni per gamba.
Inconsciamente l’avevi sfidata, la vita,
-Scuoti per me il terreno con tutta la tua violenza-
E lei ti aveva risposto con la consueta, sublime eleganza
trasformando il tarassaco in soffione
e con una folata di vento tiepido
aveva  sussurrato : -vola-
Arduo da descrivere a parole,
un Mustang lo farebbe meglio con gli occhi
ma per un attimo è esistito un mondo
in cui i cavalli correvano liberi.

Dopo, il prezzo da pagare.
Fantasmi bussano
reclamando il loro spazio,
baci affettuosi si tramutano in ghigni
che mordendo, ti strappano la carne.

Prima di sporgersi dal cornicione
di quell’immenso terrazzo con copertura in Eternit
guardandosi la punta dei piedi
senza più radici.

Dopo una mano tesa
E altri sacchi neri 110x70
fredde mattine senza sole
cibo senza sapore
trincee scavate dentro ore di sonno
che sfiammano il cuore
ma divorano il tempo,
alternate a costosi ed effimeri giri di giostra
inversamente proporzionali
all’adrenalina con cui ti ripagano.

Prima di schiacciare il numero 18.
L’ascensore che sale spinto dalla curiosità.
Un sorriso compiaciuto
da furto di caramelle in drogheria.
Le porte si spalancano sul corridoio, in fondo, una botola.
Scaletta angusta con ragnatele che si avvinghiano alle dita
-Maledetta fotografia, potevo farmi venire in mente un’altra idea-
E poi lassù  in alto, una visione.
Della solita città, questa volta -l’anima-
Un nuovo punto focale, da litigarsi con l’orizzonte
e l’imbarazzo di porgere infelicità
in cambio di tanta bellezza.
Quell’armistizio sarebbe servito per sempre
a scacciare la morte dal ricordo.

Dopo aver capito
perché da bambina urlò così forte
da far uscire i vicini in strada
quando fu abbattuto
il grande albero in giardino.
-“La piccola ha la sindrome del Barone Rampante”
Indovinò la vecchia Paulette.

martedì 17 aprile 2012

GIORDANO



/antropografia/

[Paul Coombs, Baboonery Drawing #8]



La tua lingua è un fiume
in fiamme che si spande
fuori dalle sponde della
bocca incrinata di carminio,
come se essa fosse
un argine piegato alla
furia di una piena straripante,
che quasi sfonda.

Tracimano dal fondo
denti di dolore aguzzi,
infilati uno accanto all'altro;
perle incastonate in gengive
di midollo che si sfilano,
una ad una,
fuori dalla foce,
fauci tremanti di parole.

Io sono su quelle labbra,
pronto a raccogliere ogni
goccia prima che quel fuoco
liquido si sparga a terra
e venga sprecato;
taccio, che la paura
di sciupare con parole
l’impeto di ciò che mi asperge
è grande.

-Io non conosco. Perciò ascolto-

Sulle sponde, al limitare
del tuo corso, non sono le imponenti
mura di Jericho, né il prodigioso rigoglio
delle valli di Hula o le rovine dell’antica
Beit She’an, ma grumi di pelle rappresa
e cicatrici.

Il tuo ventre pare la mappa di una regione
montuosa rigata di traverso e per il lungo di gole,
infossamenti e carsi.
La mostri, sollevando la maglia,
come a dimostrazione della verità
di quel che dici.

-Io non conosco. Perciò ti credo-

Colui che venne prima dell’oracolo
battezzò con acqua, poi venne il profeta
ad aspergere il capo dei suoi seguaci
con il fuoco sacro,
infine vieni tu, uomo-fiume,
a battezzare con l’acqua ardente me
e i miei amici con questo grido
di solitudine che ti esce dal
profondo;
uno spirito che si spande
a fiotti fuor del bicchiere,
proprio come si versa il bourbon che continui
a farti dar da bere.






lunedì 16 aprile 2012

Per non so quale capriccio del destino
Si chiama "Caproni"
Il bar dell'aeroporto Letisko
E alle dieci della sera
Si presenta beffardamente chiuso
Ai passeggeri affamati di un volo low-cost
Sedicente London - Wien
(Ma che ben più modestamente
Portava da Luton a Bratislava)
- E del resto tutto il terminal
Quest'equazione di primo grado
Di senso di colpa metallo & vetro
A un'ora che è esagerato definire tarda
Si sopravvive enorme & vuoto
Non fosse che per un SUV rosso in esposizione
Fiammante al centro della sala
Che ha l'aria di poter da un momento all'altro
Animarsi
E farsi giustiziere
Di questa overwhelming plainness.

giovedì 5 aprile 2012

LA NOTTE SULLA LINGUA


[Francis Bacon, Three Studies For Self  Portrait]




L’arcano e il misterioso hanno
già veduto il tramonto, eppure
sono rimasti intoccati…
La città,
ormai avvolta dalle ombre del crepuscolo,
emette un fiacco canto estenuato dalla
decadenza morbosa della
forma che si disfa.
Le rovine della sera…
mattino dell’inesplicabile.


La tracotanza dell’ineffabile trangugia
il giorno.
Mi esaspera.
Lo sterminio dei dettagli essenziali
ostacola la possibilità di costruire una gerarchia,
le parole fluttuano intorno al fulcro,
diventano vortici centrifughi.
Occhi a spirale.


Non è l’assenza di assoluti,
ma l’eccesso di realtà insostituibili
che mi paralizza, impedendo ogni
operazione linguistica.
Cedo il passo.
Mi sembra ora che il mio corpo sia fatto
di cifre pure.


Gli oggetti vibrano,
salmodie ronzanti impercettibili.
E per quanto provi non mi
riesce di costringerli ad esprimersi
né di tradurre la lingua nella
quale mi si rivelano.
Il canto della notte oscura,
per quanto fragile sia,
copre la litania delle cose.


Mi smarrisco nella materia, ed
è così innaturale imparare a sgravare
sé stessi.
Levarsi da terra a dispetto delle leggi
della fisica.
Non sta tutto dentro ad
una singola, né in
molteplici apprensioni.
L’unica evidenza possibile
mi par la reticenza…


La riluttanza delle cose mi
è ostile, mi ricaccia;
respingendomi nella quiete,
pur muta, dell’ intimo.
Ma io non sono dato a me stesso
direttamente nell’intuizione
pura.
Le mie viscere non mi sono meno sconosciute
delle voci là fuori…


Non mi conforta sapere
che tutto questo circo continuerà
a restare in piedi ancora,
nonostante io non abbia
più altro da dire,
né mi solleva immaginare
che qualcuno riuscirà a spezzare
questo silenzio, sfondando le linee.
Frazionando, analizzando, spremendo.

E sempre mi tormenta
questa notte che ho sulla lingua,
ogni momento;
come una violenta bufera
d'oscuro vento
che mi soffia via di bocca
le parole.






domenica 1 aprile 2012

Paysage Humain # 2

Alle 3 e mezza di domenica pomeriggio,
Una trentenne con ancora addosso
Scarpe & vestiti & sudore rappreso
Di un sabato sera che ha l'aria di
Essere stato
Parecchio movimentato
Se ne torna a casa in un vagone di metro
Pieno di giovani coppie & turisti stranieri
E per dare meno nell'occhio & darsi un tono
Porta sottobraccio
Un quotidiano finanziario.

...

Nel cortile dell'Hauptuni
Un ragazzo decisamente troppo grasso
Paonazzo dopo 10 minuti di sole
Insomma, è inutile girarci attorno, un ragazzo
Irrimediabilmente
Brutto
Mangia Philadelphia Light
Mentre le modelle hipster tutt'intorno
Con le coroncine da Naiadi in testa
Si abbuffano dei loro pasti iperproteici
Con l'aria efficiente e spietata
Di chi sta squartando
Pezzi di carne umana.

...

Dottorandi di inutilità comparata
Che paiono trapuntati sui divani del bar
Si blaterano adosso
La propria Weltanschauung
E concordano che Hegel era un mascalzone
Marx troppo borghese
Il '77 moderato
E che comunque il loro anarcoidealismo
E' senza dubbio più raffinato.

...

E infine, mentre cammino per le strade
Di questa città-pista-da-ballo
Pensando a come sembrerebbe il mio studentato
Visto dal fondo del Donaukanal
Basta come sempre un quasi-niente
- Che so, una ragazza bionda che ti insegue
Per restituirti sorridendo il berretto
Che ti era caduto dalla tasca,
O il tramonto che esplode sul tetto
Dei chilometri di case popolari -
Per farmi smettere di cercare un senso
E alzare il bavero contro il vento.