POST HIT: ottobre 2012

martedì 23 ottobre 2012

...

a volte è meglio sospendere tutto,
darsi una calmata,
fare addirittura il bucato a mano,
e guardarsi diritto in faccia.
a volte è meglio tacere avendo ascoltato tutto.
queste righe sono le riserve riguardo a quanto
ho ascoltato oggi come ieri come l'altro ieri.
e non sono niente di particolare.
esattamente come ciò che mi è capitato d'ascoltare.
esattamente vita rasoterra.
esattamente 4 etti di solitudine, lascio.
eccetto per quella storia riguardo ad un tizio
che ha quasi ammazzato il suo ex migliore amico
perché alla fine dei conti ha scoperto che gli si chiavava 
la moglie sotto il naso, così, e non c'ha più visto.
gli ha spezzato entrambe le gambe, praticamente a mani nude.
lì. a quel punto della storia (e della settimana) ho riso.
per fortuna ci sono sempre i vecchi 
che mi ricordano che non ho vissuto la guerra.
almeno non quella che hanno combattuto loro.
a volte la guerra è solo una questione di chi si è scopato chi.
perlopiù è (come al solito) una tristissima questione di soldi.
ad H&M hanno i maglioni in saldo.
andateci ora, o vi perdete tutta la zizza.



martedì 16 ottobre 2012

Gute-Nackt-Geschichte

Taglio & cucio cose tali halbschlafend
Sdraiato sulla schiena come sempre
Ma tirerei sassate alle stelle questa sera
Semplicemente perché ce n'è così bisogno
Mentre noi strisciamo come serpi
Da un letto
             [ vuoto
A un lavoretto
A un altro
E chi ci vuole bene ci consiglia
Di darci una calmata
& una laurea in ingegneria
& sarò anche facile profeta
Ma devo dire che l'ho sempre saputo
Leggendo i dettagli delle nostre foto
Che saremmo finiti esattamente così, io & te
Quello che non ho ancora capito
E' se si tratta di un premio,
Se & quando l'abbiamo scelto
& come mai quando ci separiamo
Mi soffia dietro un sospiro di vento.

lunedì 8 ottobre 2012

OH NOTTE. DOLCE NOTTE.




[ Savas Ozay, "Storm"]





il giorno è un gabbio abbagliante
di abbaini abbaianti e finestre
luminose fatte di contorni solidi
e confini chiari/
anche per le tue labbra ebbre
di tenebra così tenere blu-notte
è troppo lucido il risveglio
qui/
in piramidi di luci sfarzose
babele di televisori accatastati
che hanno allattato generazioni
allettate dalla comparizione//

la notte è distante. distantissima/
e tace//

un'apparizione//

fa male continuare a procedere
tentando a stento di battere
la distanza/
riguadagnar terreno, come si
dice, progredendo, addentando
in-avanti, aggredendo/
a tentoni nell'accecante riverbero
di luci/
sempre ritorno sui miei passi
ricacciato al fondo,
nella fame//

mi ci manderanno un giorno di questi
al gabbio dei matti sul serio,
ma non stamani/
mi lasceranno ammattire
un altro poco per i fatti miei
in questo tunnel di luce bianca
opaca lungo e senza corrimano/
devo ripercorrerlo tutto
dal verso opposto, dal blu
al nero e ritorno//

la notte sbatte. distante//

balconi di città murate
ettolitri di anni luce
in chilogrammi di solitudine
mi aspettano lì in fondo/
ridiscenderò come una furia
all'assalto, assediando le
porte chiuse con la foga
di un ariete/
ancora non so che troverò
una volta lì, dall'altra parte//

fa male continuare a cercare
di precedere la propria parte
peggiore tentando di batterla
sul tempo/
ferendola, anticipandola,
col solo desiderio di mutilarla/
nella consapevolezza che
attentare alla sua stessa esistenza
significherebbe spazzare via tutto,
rendendo ogni sforzo vano/
pretendere di digerire gomitoli
di merda senza neanche una bottiglia
di buon vino è davvero straziante//

il mostro è la nostra lucida insignificante
sobrietà//

oh notte. dolce notte/
torna. vieni/
che ti devo affrontare//

meglio morire in te bruciando
che svanire nella luce morbida
dei cieli blu, con una sempreverde
cera blues da depre spalmata
sulle palpebre/
dando e depredando esistenze qui
e là, programmando astinenze continenze
attuando niente più che attenuazioni
di una sete priva di ragione e fondamento
quindi cieca e senza possibilità di soddisfacimento
alcuno/
fingendo che l'inganno basti a star bene
mi ritrovo ad avere come letto una panchina
ed una sveglia con la divisa
che mi intima di alzarmi da lì
alla svelta//

la notte è distante. distantissima/
e tace//

il giorno è un varco di frontiera,
una foresta di luci al neon
alimentate a reazioni nucleari/
luci che si dibattono penetrando
il fumo, e tutto si riflette
in pareti di specchi/
come schiere di strobo che m'ingoiano
gli occhi/
una culla di rumore bianco, una
ferita al buio che non
ho modo di rimarginare/
perciò deve venire la notte:
è lì che devo andare
a costo di lasciarci
la vita//


mi ci manderanno un giorno di questi
al gabbio dei matti sul serio,
ma non stamani/
mi lasceranno appassire
un altro poco per i fatti miei
in questa voragine sociale bianca
opaca lunga e senza corrimano/
devo ripercorrerla tutta
dal verso opposto, dal blu
al nero e ritorno/
in questa umanità fatta di mani
e di domani, di serranti domande
e di serrande io mi disperdo/
mi dispero a constatare le
nostre disperazioni e le speranze
e le onoranze//

voci e morti ed equivoci mi rincorrono/
mi anticipano, mi precorrono
e mi percorrono di continuo/
voci a fiumi sul tuo conto, talvolta
addirittura sul "nostro", del resto
il giorno è questo/
d'altro canto non comprendo che sia
il vero/
lì fuori le lingue mi uccidono, qui l'inedia
dell'attesa quindi che venga tu
notte, dolce notte, a spazzare via
tutto questo chiacchierio insensato/

oh notte. dolce notte/
torna. vieni/
che ti devo incontrare//


in fondo il rischio è assente/
che senso ha un giorno che mi lascia
il gusto del sangue in bocca e mi costringe
alla paura tanta è la luce che non posso
sopportare?//









Diamoci senza pensarci troppo


Scanalatura intorno ad un trench con viscere di raso
il suo eyeliner
solco d’aratro nero
lei
che ondeggia e oscilla
ardente
tra agguerriti bucanieri

Vi prego, voglio venire in pista!
fate scendere le luci
gettate la polvere delle rose su di uno scisto
zigzaghiamo

vieni qua madamigella stretta
vieni qua coi tuoi occhi di cielo
vieni qua che ti farò promesse che non posso
vieni qua e ti farò sponda tra i manigoldi
issandoti tra momenti di gloria
tra film sbiaditi senza dissolvenza al nero
vieni qua e sputeremo via l’inverno

ti ricordi di me?
sono il cerbiatto
che sorrideva tra le foglie
che calpestava la sabbia
provando a far nascere fiori di plastica
sono il marinaio
che faceva tintinnare i tuoi bracciali
su di una petroliera Texaco
sono lo swing
e i caffè in spiaggia

vieni qua
che ho da confessarti un segreto superlativo
le parole
hanno il difetto di essere parole
e se si riuniscono in concetti
sono insopportabili
quindi
parlami a vanvera
per favore
perché
il nostro tempo
sta terminando