|
[Robert Doisneau, Baiser Blotto, 1950]
|
( cinque minuti due parole
ed uno sguardo erano bastati
per passare dagli occhi
alle presentazioni ai baci
così per strada senza punteggiatura
senza un motivo vagamente plausibile
baciandoci come in una
fotografia di Doisneau )
lei mi parla, con il suo cali english,
di come vede il Mondo, di quello che
sogna, illustrandomi le ragioni che l'hanno
condotta qui dalla west coast.
E' di San Francisco e conosce un sacco di storie
divertenti sugli esseri dei fondali marini,
mi bacia di continuo e si chiama M.
(sì, proprio come quella mela
"che vuol dire mordimi").
La Città si specchia dentro i suoi
splendidi occhi a mandorla;
è davvero una delle creature più pure
che mi sia mai capitato d'incontrare,
ha in corpo un tale bellezza:
vivida, priva di ombre o malinconie,
(quell'angustia tipicamente europea?)
Mi sorride, bagnandosi le labbra turgide
di sole, spiegando la storia di come la famiglia
dei suoi vecchi s'era stabilita nel Golden State
- Tailandia o Indonesia, non ricordo -
parla delle proprie radici con rispetto e
trasporto.
Io la ascolto con ammirazione,
e mi viene anche un poco di vergogna,
ché l'unica radice che ho mi provoca
un dolore inesauribile
(eccola che viene, l'angoscia europea);
la sua realtà mi appare così netta,
priva di buchi o salti, continua e sicura.
Una giornata tutta cieli azzurri e contorni
lucenti.
L'amore che nutre nei confronti del Mondo
e per sé stessa mi fa tenerezza;
è talmente libero che stento a crederlo,
ma mi suscita un sentimento d'infinita
gratitudine.
Ci baciamo ancora, stesi sul prato, e cerco
di farle capire che tutto questo mi pare
un miracolo: pazzesco, tortuoso eppure
semplicemente così lineare.
Sento solo che Roma è uno splendore
che abbaglia, coi suoi marmi
che cuociono al sole e i suoi gatti
e tutta questa caciara;
penso a quanto fa bene trovare il modo,
(non importa come)
di obliare i propri tormenti europei,
anche se per un pomeriggio soltanto.