Canto a te, sconosciuta
che beve rosso ai tavoli
della vita nuova
ridendo delle acconciature
fuori moda delle passanti
più vecchie;
Canto a te, gioventù
del domani che compri
coca agli angoli delle
strade,
sotto i portici, nelle
piazze
nascosta dietro edicole
con le serrande serrate.
Canto a voi, maschere
festanti fuori tempo
massimo,
fuori luogo, fuori di
testa,
a voi che ancora avete il
fiato
di fare la festa;
Canto ai cartelli dentro
le vetrine desolate:
“si svuota tutto per
cessata attività”;
Canto i bordelli, gli
ospedali,
le stazioni abbandonate
dei
paesi di provincia.
Canto a te, Città della
Morte,
funerale galleggiante del
pianto,
laguna striata di verde
notturno
che odori di spezie e
salsedine;
tutti i poeti ti hanno
fatta grande.
Canto a te, straniero
che batti i denti e tremi,
scosso dal vento, con
la testa poggiata ad uno
scalino
e l’asfalto come cuscino;
la notte digrigna e ulula,
tu cerchi il sonno sotto
tre strati di pagine con
le
quotazioni delle borse ed
analisi del mercato
finanziario mondiale.
Canto a te, ragazza
che hai comprato un lavoro
pagato ragionevolmente ad
un gerontoraptor avvizzito;
il cazzo gli puzzava di
pesce vecchio ma
gliel’hai preso in bocca
lo stesso.
Canto a te, canzone
popolare
di festivalandia perché
verrà
sicuro il tempo in cui
sarà
necessario che tu ti
redima
e chieda perdono per
la sporcizia che è la
tua grigia vacuità.
Canto a te, ragazzino
che protesti senza
cognizione di causa,
perché l’innocenza è
se non altro un attenuante
e la tua rabbia giusta.
Canto a voi, accademici
imbustati nei paletot,
appollaiati a seggiole
dietro
cattedre imponenti,
impotenti fuor dei vostri
aridi
potentati.
Canto a te Bellezza eterna,
iato indefinito;
Vieni! Esplodi! Salva!
Canto a te, stagista
addetto alla
fotocopiatrice,
canto al tuo mento triste,
alle gambe tremende delle
assistenti del direttore;
Canto a voi, femmine del
capo.
Canto agli amari, ai
bicchieri,
alle sinfonie agrodolci;
Canto a te, fervidamente
fantastico, sconsolatamente
volgare quotidiano.
Canto ai treni persi,
agli autobus in orario,
alle mamme intraprendenti;
Canto agli angeli gai
che suonano musica
coi computer e sono geni
del profumo primaverile;
Canto alle rane e all’uomo
che distillò la fragranza
perfetta.
Canto ai culi grassi dei
politicanti,
alle urla scimmiesche
degli oratori
da comizio, ai cori da
stadio,
ai pareggi in parlamento;
Canto ai cruciverba degli
statali,
all’italian way rigorosamente
scritto in inglese ma
dettato in tedesco;
Canto ai rebus e alle
definizioni facili,
alle morti giovani, ai
betabloccanti.
Canto a voi, circhi
traboccanti di evasione,
occhi vomitanti budella di
“no so cosa farò del mio futuro”;
Canto a voi, topi d’appartamento.
Canto a te, badante rumena
che covi uova di rancore
mentre
accudisci la nonna di qualcun
altro;
Canto a te, italiano medio
delle statistiche;
Canto a te, italiano che
alzi il medio
nel traffico e schiacci il
clacson
con la foga di un
rinoceronte,
a te che abbassi le medie
e dici che al
peggio non c’è rimedio.
Canto a te, bambino
che corri in solitaria
su pavimenti fatti di
schermi
TV e biberon catodici;
Canto a te, puttana
che vendi al mondo
l’unica cosa che hai per
campare,
come solo il più generoso
dei capri espiatori di un
sacrificio necessario
può fare;
Canto a te, idiota che
ride.
Canto a te debole Bellezza,
Vieni! Esplodi! Salva!
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